Il tartufo è come l’opera: o lo ami o lo odi, non ci sono mezze misure. E se lo si ama,  questo periodo dell’anno è il migliore perché in autunno arrivano i tartufi più pregiati, principi indiscussi dei desideri enogastronomici di qualsiasi goloso.  Ma siamo sicuri di sapere tutto quello che c’è da conoscere sul nostro amato tubero (che in verità è un fungo ipogeo)? Ad esempio, il tartufo era assai apprezzato alla tavola dei Romani, i quali raccolsero certamente dagli Etruschi l’uso culinario di questo fungo e da loro arrivano curiosi miti e leggende, a partire dalla sua genesi, legata nientemeno che a Giove. Ma andiamo per ordine. Nel primo secolo d.C., grazie al filosofo greco Plutarco di Cheronea, si è tramandata l’idea che il tartufo nascesse dall’azione combinata di acqua, calore e fulmini.

Partendo da qui Giovenale spiegò l’origine del prezioso fungo come frutto di un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia (albero ritenuto sacro al padre degli Dèi) e poiché Giove era anche famoso per la sua prodigiosa attività sessuale, al tartufo da sempre si sono attribuite qualità afrodisiache.

Che cos’è il tartufo

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È stato classificato nella grande famiglia dei tuberi ma in realtà il tartufo è un fungo ipogeo che vive attaccato alle radici degli alberi, principalmente la quercia, il nocciolo, il tiglio, il carpino e il pioppo. Le sue caratteristiche organolettiche dipendono dagli alberi in cui vive, dalla composizione del terreno e dalle condizioni climatiche in cui cresce (se piove a maggio si dice che il raccolto dei tartufi sarà abbondante). Ad esempio, il tartufo cresciuto in simbiosi con querce in genere ha un profumo più acuto, più pungente.

Le specie di tartufo esistenti sono centinaia, ma le famiglie principali sono tre: i bianchi, gli estivi e i neri. Il nome corretto di quello bianco è tuber magnatum Pico, dal cognome di uno dei primi studiosi di tartufo, Vittorio Pico, il medico che lo classificò alla fine del Settecento. In base al colore e alle venature interne si riesce a capire sotto quale tipo di pianta è cresciuto e quali sono, quindi, le sue caratteristiche di gusto.

Il suo valore nutrizionale è praticamente pari a zero.

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Qual è il calendario del tartufo?

Di tartufo se ne trova tutto l’anno, ma di che tipologia e in quale periodo? Ecco qui un calendario indicativo di raccolta dei tartufi in Italia:

  • Tartufo Bianco Pregiato: dal 15 settembre al 31 gennaio
  • Tartufo Nero Pregiato: dal 15 novembre al 15 marzo
  • Tartufo Moscato: dal 15 novembre al 15 marzo
  • Tartufo Estivo o Scorzone: dal primo maggio al 31 agosto e dal 21 settembre al 30 novembre
  • Tartufo Uncinato: dal primo ottobre al 31 gennaio
  • Tartufo Nero Invernale: dal 15 dicembre al 15 marzo
  • Tartufo Bianchetto: dal 15 gennaio al 15 aprile

Per informazioni più precise sui periodi di raccolta dei tartufi in ciascuna regione italiana, consigliamo di consultare il Calendario della raccolta tartufi.

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Come sceglierlo

Come per il vino, anche il tartufo si esamina con olfatto, vista e tatto: infatti, le caratteristiche essenziali per valutare un tartufo sono il suo profumo, la consistenza e la freschezza. Come spiega il Centro nazionale studi tartufo di Alba, “L’analisi visiva si compone della valutazione dell’integrità del corpo fruttifero, fattore non unicamente estetico, poiché un tartufo integro si deteriora con minore rapidità. L’analisi visiva si conclude con la valutazione dell’attraenza intesa come sensazione strettamente personale riguardante la bellezza e la gradevolezza estetica dell’esemplare. La valutazione tattile prevede l’analisi della consistenza del tartufo: un buon tartufo deve dare appena la sensazione di elasticità, deve essere turgido e compatto, non presentarsi decisamente duro, ma neppure eccessivamente elastico. L’ultima fase è quella olfattiva: l’aroma del tartufo è costituito da un ventaglio di sensazioni semplici e di intensità e ampiezza variabile”. Nella composizione aromatica del nostro tuber magnatum possono essere riconosciuti i seguenti descrittori: fermentato, fungo, miele, fieno, aglio, spezie, terra bagnata e ammoniaca.

Come si conserva

Bisogna avvolgerlo in tovaglioli di carta e niente altro: nel riso si disidrata, chiuso in un barattolo non respira. Come ben sappiamo, però, il tartufo rilascia un profumo molto intenso che viene facilmente assorbito da uova, latticini e carne, pertanto, quando c’è del tartufo in frigo, meglio conservare questi alimenti in contenitori ermetici. Quando inizia a perdere di consistenza, è al termine della sua maturazione.

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Come si tratta

Il tartufo, pochi attimi prima dell’uso, va spazzolato delicatamente sotto acqua fredda. I residui di terra devono essere eliminati e va asciugato bene: a questo punto sarete pronti per affettarlo, con l’apposito tagliatartufi, ça va sans dire!  

Il tartufo bianco si impiega crudo, mentre il nero si può anche cuocere per conservarlo più a lungo.

Con quali vini si abbina

L’abbinamento classico con il tartufo è un vino rosso tipo Nebbiolo, nelle sue vesti più nobili, oppure un Rosso di Montalcino o un Sagrantino. Ma siamo sicuri che questi abbinamenti siano sempre giusti? Spersso e volentieri, infatti, è meglio abbinarlo a una bollicina italiana o comunque a bianchi minerali. Vediamo nel dettaglio.

Tartufo e vino hanno  sapori e profumi forti che, se non ben dosati, potrebbero sopraffarsi. Anzitutto, quindi, va tenuto presente che:

  • il tartufo non richiede vini molto aromatici, che potrebbero sovrastarne il profumo peculiare.
  • i vini abbinati al tartufo non devono essere particolarmente acidi.
  • se siete appassionati di vini barricati, scegliere qualcosa che non abbia sentori troppo forti di vaniglia.

Tra i vini bianchi, particolarmente indicati sono quelli che possono ricordare le note di idrocarburo del tartufo, in primis il Riesling. Da provare anche gli abbinamenti con il Bianco di Custoza o il Verdicchio.

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Sul fronte rossi, scegliete dei vini morbidi e maturi, con tannini poco persistenti, come il  Nebbiolo e il Pinot Nero, specie se avete in tavola il tartufo bianco. Se invece c’è il nero, potete scegliere tra un Bordeaux e un Sagrantino, un Teroldego Rotaliano o un Saint Emillon.

Le bollicine? Meglio sceglierne una millesimata o, comunque, con una bella struttura.

Perché costa così tanto

Oramai il tartufo è divenuto sinonimo di pregio e costi elevati, e nessuno si domanda più il motivo di prezzi così alti. In realtà la risposta è semplice: i tartufi, in generale, sono molto rari e la loro ricerca comporta molto tempo e “un’attrezzatura” assai costosa, rappresentata da cani opportunamente addestrati alla ricerca dei tuberi. Il prezzo del tartufo può variare di molto, non solo a seconda del tipo (bianco, nero, pregiato o meno) ma anche in base a tutta una serie di parametri che ne influenzano il costo anche nell’ambito dello stesso tipo:

  • varia a seconda delle annate più o meno produttive, seguendo la legge della domanda e dell’offerta
  • quelli più freschi costano inevitabilmente di più
  • a parità di peso, il prezzo di un tartufo grande intero è maggiore di quello di tanti piccoli, in quanto i tartufi grandi sono più rari, oltre ad avere meno scarto
  • anche il grado di maturazione influisce molto sui costi: il tartufo, per esprimere al meglio le sue potenzialità deve essere raccolto in un momento bene preciso, né prima né dopo