Questi sono i tempi di Temptation Island, di grandi amori che durano da anni e che vanno gambe all’aria dopo appena due giorni che sono lontano dagli occhi. Sono tempi di programmi tv lassativi per una mente che non ne vuole più sapere di metterci la testa.

Viviamo fast (e spesso anche furious), in un’epoca in cui tutto deve essere di facile comprensione. Ordinario.

Non sono i tempi per la complessità, perché richiede tempo e un’impegno che nessuno è più disposto a dedicare. È più facile bere un Prosecco che un Pinot Nero, non importa se nel secondo – a lasciargliene il tempo – puoi trovare talmente tante sfumature da non stancartene mai.

“Il Prosecco è un vino facile, non voglio bere cose complicate”, sento dire spesso in giro. Perché questi sono anche i tempi in cui complicato e complesso sono termini che vengono confusi tutti i giorni, in ogni campo.

Ma complicato e complesso non sono affatto sinonimi.

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Una cosa è complicata quando si presenta come il risultato di un insieme di parti difficili da codificare. Sciogliere la complicazione può essere faticoso, ma esiste comunque una soluzione. Ciò che è complicato può essere ridotto a qualcosa di più semplice. Complicato è tutto ciò che richiede uno sforzo inutile, laddove percepiamo la necessità di uno spreco di tempo ed energie per gestire ciò che potrebbe essere ridotto a qualcosa di ben più semplice. Per questo, in un tempo in cui non vogliamo avere tempo, definiamo complicate anche le cose complesse.

Una cosa può essere considerata complessa perché ha origine dall’intreccio di elementi che interagiscono fra loro, creando disordine e provocando incertezza. In una situazione complessa è difficile individuare e gestire tutte le variabili in gioco, così come è sostanzialmente impossibile prevederne gli sviluppi. Non c’è una soluzione univoca.

Un certo grado di complessità è desiderabile. Quando le cose sono troppo semplici, le consideriamo anche noiose e prive di interesse. Gli psicologi hanno dimostrato che le persone preferiscono un livello medio di complessità: troppo semplice e siamo annoiati, troppo complesso e siamo confusi.

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Donald A. Norman

Il Pinot Nero è il vino più complesso che ci sia, ma anche il più elegante e intrigante tra i rossi. È una sfida, che non ha mai un vincitore.

Della complessità, chi ama il Pinot Nero, non ne può fare a meno nemmeno nella vita.

È per questo che il mio amico Andrea non è ancora riuscito a trovare una fidanzata che riesca a durare fino al pranzo di Natale. Lo conosco da 30 anni, so i suoi pregi e anche gran parte dei suoi (pochi) difetti.

Andrea è uno da lunghe cotture e da vini rossi complessi. È uno da passioni persistenti come il finale di uno dei suoi vini preferiti, il Barthenau Vigna S. Urbano di Hofstätter, Pinot Nero di Mazzon, la Borgogna d’Italia, in Alto Adige. Mirtillo, prugna, marasche, spezie dolci, note balsamiche, liquirizia.

È un vino che molti definirebbero complicato, ma la verità è che è semmai complesso al punto giusto. Non si rivela mai del tutto, e a ogni sorso ha una sfumatura diversa, tutta da scoprire. Come Andrea che, se fa sul serio, invece di saltare nel letto al primo appuntamento preferisce corteggiare e sedurre con atmosfere, sapori, profumi.

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Andrea preferisce assaporare e conoscere, emozionarsi e condividere. Perdere la testa. E bersi un Barthenau da solo piuttosto che condividerlo con chi non conosce la differenza tra distanza e lontananza, tra prossimità e vicinanza.

Se non ricordi che l’amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.

William Shakespeare