Généalogie contiene in sé la storia dello Chardonnay in Champagne, dove fu introdotto nel XIII secolo proprio nella regione dell’Aube, importato da Cipro all’epoca delle Crociate. Il nome dello stesso vitigno ha una stretta relazione con Gerusalemme, perché il suo significato letterale, tradotto dall’ebraico, è “Porta di Dio” (Shahar Adonay). Ma il suo nome è anche condiviso con un piccolo Comune della Borgogna (neanche 200 abitanti). Insomma, sembra una storia ancora tutta da indagare e degna di una tesi di laurea. Quello che sappiamo per certo oggi è che il vitigno, in Champagne, come in altre regioni del mondo, assume il ruolo del Principe nel complesso mondo dei vini (accanto al “Sovrano” Pinot Noir). I due vitigni da secoli si contendono il primato. Un po’ come il Papa e l’Imperatore. Ma si sposano anche! In matrimoni persino durevoli. Soprattutto nella Champagne.

L’Inghilterra, come ricorda Stéphane Revol, patron della Maison Comte de Montaigne, dopo la Guerra dei Cent’anni, costrinse i vigneron francesi della Champagne a conferire il vino in esclusiva alla Gran Bretagna. Un giogo che fu imposto per secoli. Dopo, per così dire, la “liberazione dello Chardonnay” comincia tutta un’altra storia, ma che non rinuncia, come ad esempio con il Blanc de Blancs Généalogie di Comte de Montaigne, a fare tesoro del passato.

Partiamo dalla 2008, l’annata formidabile.
«La Cuvée millesimata 2008 di Généalogie Extra Brut esprime egregiamente l’annata che rappresenta una delle migliori vendemmie degli ultimi decenni almeno qui in Champagne. E nella Côte-des-Bar, dove Comte de Montaigne vendemmia le sue migliori uve di Chardonnay, vinificandole parcella per parcella. Parliamo pertanto di un vino esclusivo, prodotto in dizione limitata e destinato in gran parte al Club dei Cavalieri del Comte e ai flagship della Maison come alberghi di prestigio, per esempio a Venezia, St. Regis, Gritti, Excelsior, Palazzina Grassi. Da 15 anni usciamo in private label con i ristoranti di Bocuse e per l’Eliseo, di cui siamo fornitori ufficiali. Insomma, se veniste invitati a una serata di gala da Macron, vi offriranno il nostro Champagne!»

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Ci racconti del Club dei Cavalieri del Comte.
«Al Club aderiscono strutture alberghiere di lusso, ristoranti e aziende. Per ogni membro del Club le etichette sono firmate, formiamo il personale. Ma il concetto di fondo è quello di condividere insieme alcuni aspetti fondamentali del DNA della nostra Maison: bon vivre, autenticità, cuore ed eccellenza, proprio come ritroviamo nello Champagne Généalogie riservato solo alle migliori annate. L’ultima che abbiamo rilasciato due anni fa è la 2012».

Nel bon vivre includerei anche un progetto originale di Comte de Montaigne, quello riguardante i cocktail.
«Quello della miscelazione è un mondo che sta molto a cuore. Almeno da quando cominciammo a ragionarci con Alessandro De Luca, bartender del Rufus di Milano. Ed è uno progetto che parte insieme alla creazione del Club. Non è affatto semplice, perché lo champagne deve trovare il suo spazio e il suo equilibrio nel drink, ma lavoriamo con i migliori barman. Ogni struttura in partnership con noi, propone agli ospiti tre cocktail con i nostri vini e siamo giunti oggi a una carta di almeno 40 signature drink. Niente male. Ordinateli anche qui al ST. Regis di Venezia».

Sotto la voce “cuore” introdurrei anche il vostro rapporto con l’arte.
«Certamente, soprattutto la fotografia, che per me rappresenta fin da bambino tantissimo. La memoria, la bellezza, ma anche ricordi tristi. E lo stesso bon vivre. Ma appunto, soprattutto cuore. Da qui l’idea di essere sempre presenti in strutture e luoghi che hanno come noi uno stretto rapporto sia con l’arte sia con la fotografia».

Fino a creare voi stessi un’opera d’arte in occasione dell’uscita di Généalogie 2008…
«Per la verità gran parte del merito va all’artista, grafico e fotografo Giò Martorana, autore del photobook “Généalogie”. Un’opera ispirata o meglio commissionata da noi, ma realizzata da suo genio. Un regalo per tutti gli appassionati di Comte de Montaigne  di arte fotografica come noi. Giò ha concepito in realtà un volume multisensoriale con lo strumento della fotografia, un libro che coinvolge la vista, l’olfatto, il tatto e persino la musica. Alla fine è un libro davvero goloso da sfogliare».

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Anche un’idea di viaggio…
«Un viaggio originalissimo, che unisce l’Aube e la Champagne alla Sicilia di Martorana. Che non ha voluto rinunciare a scattare molte foto anche nella sua terra. Inoltre è in corso un road show delle foto contnute nel volume, che parte prorpio da S. Regis di Venezia e toccherà Roma, Milan, Firenze. Ma una delle tappe a cui teniamo molto è anche la preziosa Tipoteca Italiana di Cornuda (TV), che ci ha affiancati nel lavoro e nella trasmissione di una cultura artigianale antica, quella della stampa, dai tempi di Gutemberg fino all’avvento del digitale. La Tipoteca è uno dei Musei più interessanti e preziosi d’Italia».

In fondo, Giò Martorana nel suo lavoro ha unito tutto questo: artigianalità e tecnica digitale. E una idea di bellezza che attraversa i secoli. Una sorta di viaggio nel tempo oltre che nello spazio. Ultima domanda: con quali parole traduce lo stile di Comte de Montaigne?
«Golosità, complessità, eleganza, tre vocaboli che trasmettiamo in ogni nostro vino, non solo in Généalogie».

Ogni Champagne, infatti, è la fotografia del territorio e della sua storia. Ritrovare tutto questo in una bottiglia è più difficile di quanto si pensi.