Il prosciutto cotto è un salume percepito come sano, innocente, rassicurante. Viene dato ai bambini nelle scuole, ai malati negli ospedali. Il classico toast che lo vede in coppia con il formaggio è uno dei più amati panini della pausa pranzo. Tagliato a cubetti arricchisce le insalate estive, di riso, di pasta o di verdure miste. «Nel 2023 la produzione di prosciutto cotto ha raggiunto le 292.800 tonnellate, con una crescita dell’1%, per 2.280 milioni di euro, +7,7%, grazie a una domanda interna che si è confermata solida e al buon risultato di quella estera – spiega Davide Calderone, direttore di Assica (Associazione Industriali delle carni e dei salumi) –. Secondo l’Istat abbiamo inviato all’estero 23.710 tonnellate di prosciutto cotto per 201,9 milioni di euro, registrando un incremento del 6,1% in quantità e del 12,2% in valore – continua il direttore di Assica – i principali Paesi di destinazione: Francia, Germania, Regno Unito, Polonia e Spagna. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, le esportazioni hanno avuto un leggero calo del volume, -1,5%, ma un aumento del valore, +3,4%, tuttavia nel primo trimestre del 2024 è stata registrata una forte crescita – +42,4% in volume, +57,6% in valore – mostrando il grande potenziale di questo prodotto sul mercato Usa».

La legge – il decreto del 21 settembre 2005 del Ministero delle Attività Produttive – distingue tre tipologie di prodotto: prosciutto cotto, prosciutto cotto scelto con un tasso di umidità sotto il 78,5% e identificabilità di almeno 3 dei 4 muscoli principali della coscia del suino (semitendinoso, semimembranoso, quadricipite e bicipite femorale), indice che non si tratta di un prodotto “ricostruito”, prosciutto cotto alta qualità, sempre da cosce intere, con umidità non oltre il 75,5% e privo di polifosfati aggiunti (E452), maltodestrine (sciroppo di glucosio), proteine del latte e della soia, amidi, fecole, gelatine alimentari.

Ma siamo sicuri che il più nobile dei tre cotti sia così sano e innocente come sembra? Sul mercato si trovano molti prodotti alta qualità, anche fatti da industrie e proposti affettati in vaschetta, con in etichetta tanti “senza” e “privo di”: glutine, latte e derivati, glutammato monosodico, zuccheri e polifosfati aggiunti. Claim che dovrebbero rassicurare il consumatore ma che sono soprattutto esche per attirarlo, strategie di marketing che fanno sempre presa sulla stragrande maggior parte delle persone. Sempre secondo il decreto del 2025, oltre a vino, spezie e piante aromatiche il prosciutto cotto alta qualità può contenere zuccheri (saccarosio, destrosio, fruttosio e lattosio), aromi non meglio identificati, conservanti (nitrito di potassio E249, nitrito di sodio E250, nitrato di sodio E251, nitrato di potassio E252), che servono a scongiurare il rischio di botulino (ma potenzialmente cancerogeni in quanto favoriscono la formazione di nitrosammine), antiossidanti, ossia vitamina C (acido L- ascorbico E300, ascorbato di sodio E301, acido eritorbico o isoascorbico E315), che aiutano insieme ai conservanti a mantenere il colore rosa, e ancora lattato di sodio (E325) e glutammato monosodico (E621).

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Il massimo sarebbe un prosciutto cotto fatto solo con coscia di maiale, sale, erbe aromatiche e spezie, tuttalpiù vino. Ma quanto durerebbe? Per avere un salume con un minimo di shelf-life dobbiamo accettare i nitrati, i nitriti e gli antiossidanti, ma evitiamo i polifosfati (che interferiscono sull’assorbimento di alcuni minerali, in particolare del calcio, con conseguenti problemi di rachitismo nei bambini e di osteoporosi nelle persone adulte), il glutammato monosodico (sospettato di danneggiare le cellule cerebrali), gli zuccheri, gli aromi non naturali, ottenuti e fissati in laboratorio con l’aiuto della chimica, e che – come sottolinea Guido Stecchi, giornalista, gastronomo e presidente dell’accademia delle 5T – «diseducano il gusto». E non dobbiamo temere il grasso. Diamo la preferenza a prosciutti cotti con i muscoli ben marezzati e un abbondante strato adiposo a copertura: è questa parte bianca della carne suina a dare al salume dolcezza e morbidezza, ad arricchirne la palette aromatica.

A distanza di 13 anni riproponiamo la classifica del prosciutto cotto. Ed era ora, perché nell’ultimo decennio nella produzione di questo salume, in genere fatto da grandi aziende, sono entrati gli artigiani proponendo specialità migliori e con una minore quantità di additivi. Abbiamo raccolto 22 prosciutti cotti in vendita in negozi e botteghe gourmet e 38 prodotti della gdo affettati e confezionati in vaschetta, per un totale di 60 campioni. Dalle degustazioni alla cieca – che si sono tenute alla Gambero Rosso Academy, effettuate da un panel di esperti assaggiatori – sono venute fuori due classifiche, una selezione rispettivamente di 10 e di 5 referenze. Hanno vinto i prosciutti cotti che hanno dato le migliori prestazioni alla vista, ma soprattutto all’olfatto, al gusto, nel profilo aromatico e nella struttura, mostrando piacevolezza e pulizia.

I 10 migliori prosciutti cotti in negozi e alta gastronomia

  1. Cotto ’60 di Branchi – Felino (PR)
  2. Nustràn di Ital-prosciutti – Dovera (CR)
  3. L’Antonio di I Cottinforno – Madesano (PR)
  4. San Giovanni di Capitelli – Borgonuovo Val Tidone (PC)
  5. I Friulani Prestige legato a mano di Vida – Torreano di Cividale (UD)
  6. Oro Rosa di Coati – Pescantina (VR)
  7. L’Artemano di Levoni – Castellucchio (MN)
  8. Il Nobilcotto di Gianni Negrini – Cento (FE)
  9. L’Arroganza di Meggiolaro – Stra (VE)
  10. Lesso La Valle di La Valle – Sommariva Perno (CN)

I 5 migliori prosciutti cotti in vaschetta nella gdo

  1. Gran Biscotto di Rovagnati – Biassono (MB)
  2. Prosciutto cotto Alta Qualità di La Filiera – Coop – Casalecchio di Reno (BO)
  3. Prosciutto cotto Alta Qualità di Esselunga – Pioltello (MI)
  4. Nostrano di Dal Salumiere- Lidl – Arcole (VR)
  5. Il Prelibato di Villani – Castelnuovo Rangone (MO)