Ermenegildo Giusti

A 17 anni Ermenegildo Giusti non aveva niente se non la “fame” di arrivare. «Volevo diventare ricco e non avevo nessun dubbio che ci sarei riuscito. Vengo da una famiglia di contadini, che mi ha sempre trasmesso l’importanza di creare ricchezza per il  mio futuro. In Italia a quel tempo non si poteva fare, e penso neanche oggi». Così, all’inizio degli anni Settanta, questo ragazzo di Volpago del Montello, nel trevigiano, parte per il Canada. Nel 1974 fonda a Calgary la sua azienda di costruzioni, la prima di un impero, il Giusti Group, che opera in vari settori: dalle case prefabbricate ai grattaceli, dal petrolio al cemento e alla ceramica, da ponti e strade fino alle dighe. «Qualcosa dobbiamo pur avere in Canada, il clima è pessimo, non c’è arte… Almeno fateci fare i soldi», dice ridendo Ermenegildo Giusti, che si sente «il più fortunato dei migranti degli anni Settanta».

Quando racconta del Canada, Ermenegildo ne parla come se fosse la sua vera patria. «In America la prima cosa che ti insegnano è il profitto, se ti metti in proprio le banche vengono a cercarti. In Italia se parli di profitto sembri uno che rubi. Poi qui da noi (in Canada, ndr) il sistema di tassazione è molto più agevole, per non parlare del capitolo assunzioni: licenziare in Italia è impossibile. Come si fa a creare una squadra di élite se non puoi mandare via quelli che sbagli a selezionare?»

Se l’America è stata davvero la terra promessa per Giusti, il richiamo del luogo d’origine non si è mai spento. E così, decide di iniziare a fare qualcosa anche in Italia: «Il legame con l’Italia è sempre stato molto forte, quando ero giovane ho capito che l’unica cosa che avevo da offrire al mondo era che ero italiano, che noi italiani e il nostro made in Italy eravamo i migliori del mondo. Ho sempre fatto la spola tra il Canada e l’Italia. Venendo da una famiglia di contadini sono sempre stato legato al vino, ma è stato quando è venuto a mancare mio suocero che ho deciso di investire in questo settore. Era il 1998 e a quel tempo in Veneto non era facile acquistare proprietà, perché vendere era considerato un disonore. Quando sono arrivate le nuove generazioni, invece, le cose sono cambiate e siamo riusciti a mettere insieme bellissime tenute. Oggi siamo i più grandi proprietari terreni».  L’obiettivo? «Creare un’azienda che fosse il top dell’Italia del vino per il futuro, un mio modo di ringraziare il mio Paese d’origine per la fortuna che ho avuto». Per questo, oltre alla terra, ha acquistato le trincee della Grande Guerra sul Montello perché non sparissero. E anche l’Abbazia di Sant’Eustachio, distrutta cento anni fa dalle cannonate austriache e restaurata a sue spese sotto il controllo della Soprintendenza. «Da bambino – racconta – mi sembrava un castello misterioso, con le guglie. A otto anni, quando andavo nei roccoli a catturare gli uccelli, mi incantavo davanti all’Abbazia, mi chiedevo chi vivesse lassù. Mi è sembrato che mi avesse aspettato tanto tempo e che toccasse a me rimetterla in vita. Come se fosse stato un mio dovere farlo. C’è qualcosa di strano, però lì sono sempre in pace: è il mio posto magico». Un luogo non come tanti altri: qui Giacomo Casanova ha scritto il suo Galateo.

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Ermenegildo Giusti

La storia di Giusti Wine inizia nel 2000 dalla volontà di Ermenegildo Giusti di fare conoscere nel mondo un angolo di paradiso, il Montello, area candidata a “Riserva di Biosfera”, rendendolo un piccolo modello di bellezza.  Il suo obiettivo è valorizzare i luoghi in cui è cresciuto prima di trasferirsi in Canada: l’elemento vincente è la sua mentalità, con i piedi ben radicati nella terra ma la mente proiettata in avanti, capace di viaggiare lontano e unire una storia affascinante a un modello di produzione capace di vincere le sfide future.

«Adesso abbiamo 125 ettari vitati – racconta Giusti – ma stiamo acquistando altre due o tre proprietà, arriveremo quindi a breve a 140 ettari vitati». Una vasta zona di produzione dove l’azienda applica una sorta di manifesto etico in merito al lavoro in campagna, cura del bosco, sostenibilità e produzione di energia da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di garantire l’eccellenza dei prodotti (vino in primis). Dieci singole tenute, ciascuna definita con un nome di famiglia, con peculiarità diverse a seconda dell’ubicazione; la tenuta Case Bianche, ad esempio, produce Chardonnay e Prosecco Doc, la Tenuta Ava, in cima al Montello, è vocata alla coltivazione di uva Glera, da cui si ottiene il Prosecco Superiore Docg. Il fiore all’occhiello della cantina è l’Umberto I, un vino rosso sapido, molto corposo, che prende il nome dal nonno del titolare, ma ci sono altre eccellenze come l’Amarone Docg e il Valpolicella Ripasso Docg, ottenuti da due vigneti nella Valpolicella Classica e in Val d’Illasi. A partire da Antonio Igt Rosso del Veneto, un blend prodotto con le miglior uve Cabernet Sauvignon (10%), Cabernet Franc (40%), Merlot (40%) e Recantina (10%), che rivela profumo intenso di frutti di bosco; ideale abbinato a carni rosse o formaggi stagionati. Recantina Augusto, un vino molto profumato di intenso colore rosso, prodotto con uve Recantina al 100%, sta riscuotendo grande favore nel mercato internazionale. Per la sua grande acidità e il sapore morbido, nella zona del Montello viene bevuto freddo in abbinamento al baccalà. Infine, il Valpolicella Ripasso Superiore Doc, ottenuto da Corvina, Corvinone e Rondinella utilizzando l’appassimento naturale in fruttaio, un vino che profuma di note speziate, morbido e vellutato.

«Abbiamo costruito una delle più belle cantine d’Europa, ho chiamato Graziana Grassini, enologa toscana di fama internazionale, che per la prima volta arriva sul territorio. Con lei vogliamo creare prodotti uguali solo a sé stessi, lasciando a Graziana libertà totale per interpretare una nuova sfida. Il simbolo di questa è l’Asolo Prosecco Superiore Docg Extra Brut. Oltre a questo, credo sia fondamentale rispettare la natura, per cui sto spingendo sempre di più verso i Piwi. Attualmente abbiamo 8 ettari coltivati con vitigni Piwi , ossia Sauvignon Gris, Merlot Chorus e Cabernet Volo». Simbolo di questa nuova era produttivi incentrata sui Piwi è Nepis, al 99% Sauvignon Gris, che al naso profuma di pesca bianca, litchi, frutta tropicale, pera, mentre in bocca è il Montello, con la sua tipica mineralità, le note erbacee, il pompelmo.

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Sono il biglietto da visita di ogni bottiglia di vino e per questo sono particolarmente distintive, sempre più curate e spesso affidate a designer e artisti. Ma presto quest’attenzione all’estetica…

«Stiamo crescendo con il brand Giusti Wine in tutto il mondo. Vogliamo posizionare i nostri vini a livello medio alto. Non voglio vendere Prosecco a 3 euro a bottiglia. L’Italia è un Paese piccolissimo, dobbiamo produrre solo eccellenza. Per me una bottiglia del mio vino è un ringraziamento al mondo».

E se domandi a Ermenegildo Giusti quale sia il suo maggiore successo, non ha dubbi: «La mia famiglia. Le cose materiali sono solo materiali». A parte il vino, che «come l’arte, è materia, colore, luce, appagamento dei sensi, follia e ragione, paziente ricerca e passione senza tempo».