Forse una sola cena è troppo poco per dire che a Firenze è nata una nuova stella, ma questo è quello che ho pensato alla fine della mia esperienza di degustazione al Locale di Firenze, un indirizzo noto in primis per il suo cocktail bar, tra i 50 Best Bar del mondo.

Ai fornelli c’è un giovane chef fiorentino, Simone Caponnetto, classe 1990, che vi farà dimenticare i cocktail con un tourbillon di assaggi intriganti e, talvolta, sorprendenti. A Simone piace giocare, sia mischiando stili di cucina e ingredenti, sia portando spesso sul piano della seduzione l’esperienza culinaria. Piacere senza sensi di colpa, anzi (come lo slogan del nostro magazine), piacere a 360 gradi. Le cose sono ben chiare fin dalle due proposte di degustazione, denominate Salvezza e Peccato (a 120 e 150 euro).

Si parte con un carosello di amouse bouche dove spiccano le cozze al barbecue con caciocavallo e olio piccante (lussuria pura) oppure con la finta burratina (fatta con latte di soia) e poi si prosegue con una personalissima quanto golosa versione di escalivada (molte le influenze spagnole nella cucina di Caponnetto). E poi via verso un vortice inebriante di sapori che toccano il culmine con i risoni, seppia, fegato di seppia e pomodorini; oppure con la zucchina, crema Koji caramellata, ortica e yogurt; o ancora un carpaccio di pomodori dell’orto, inno alla semplicità che, per prima, racchiude l’essenza più gourmet che ci sia. Prima del dolce, servito su barocche alzate di grande effetto, arriva un rinfrescante calippo: al cetriolo, e il suo involucro incida a una call to action ammiccante quanto scherzosa.

Locale si trova in pieno centro a Firenze, a pochi passi dal Duomo, nello storico Palazzo Concini, che conserva tracce e stratificazioni di diverse epoche: si va dalle mura etrusche all’estetica rinascimentale. Il piano terra – che nel XVI secolo era l’antico loggiato dove sostavano carri e carrozze – ora è chiuso da una copertura in cristallo che in estate si apre trasformando la location in open air caratterizzata da un giardino verticale, con bancone e bottigliera: questa è la parte del cocktail bar, dove già capisci che il posto è speciale. Poi, è un susseguirsi di stanze, oggi trasformate negli ambienti del ristorante, tra evocazioni barocche, pezzi d’epoca e quadri moderni. Al piano inferiore, uno spazio risalente al 1200, un tempo di proprietà dell’antica famiglia dei Bastai Ritaffè, destinato alla servitù del palazzo, dove oggi invece trovano spazio le salette privé, la cantina (molto ben fornita, ma a prezzi decisamente alti) e il laboratorio di miscelazione con le sue ampolle. In questo spazio si possono ancora ammirare, quasi intatte, le due cucine con forno per il pane, la sala da pranzo, il pozzo e la lavanderia con il piano in pietra.

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Quanto allo chef, il suo menu che cambia molto frequentemente, è una sintesi delle esperienze e delle suggestioni dei suoi viaggi. Caponnetto ha lavorato in Australia, poi ha fatto tappa dal tre Stelle Michelin inglese Waterside Inn confrontarsi con i classici dell’alta cucina francese, per andare poi in Giappone in qualità di chef de partie alla corte di Yoshihiro Narisawa, due Stelle Michelin a Tokyo. E’ stato poi al fianco di Heinz Beck, prima a La Pergola di Roma e poi a Montecarlo, quindi al Mugaritz di San Sebastian, dove ha conosciuto l’avanguardia spagnola che, come dicevamo, ha sicuramente influenzato molto il suo stile.

Insomma, Caponnetto e i suoi piatti sono una delle avventure culinarie più interessanti dell’ultimo anno. Ora sta a lui continuare su questa strada tenendo bene i piedi saldi per terra: se così sarà, il futuro sarà sicuramente luminoso come una stella.

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