L’Ottavia chiamata. Non è un refuso, ma la sintesi di un’illuminazione o, forse, meglio della tenacia di una donna del vino che opera in un territorio non facile, tuttavia forte di una secolare tradizione. Ottavia Giorgi di Vistarino ha condotto una battaglia che oggi dà risultati importanti. La battaglia per dare una dignità importante al Pinot Nero vinificato in rosso nell’Oltrepò Pavese.

Proprio laddove la sua stessa famiglia ha introdotto nel 1850 il vitigno e ha vinificato le prime bottiglie di Metodo Classico in Italia fin dal 1865. Bollicine, che “hanno spaccato” nei decenni e fondato una tradizione che ancora ottiene i suoi riconoscimenti. Ma Ottavia, donna elegante, acuta, perspicace  e determinata a valorizzare al massimo il territorio nel quale è cresciuta, la vasta tenuta di Rocca de’ Giorgi e l’Oltrepò Pavese, ha compreso quanto fosse necessario, partendo dalle proprie origini, volare alto.

E in che modo si può spiccare il volo? Be’ con il Pinot Nero, che qui è un vitigno praticamente autoctono, con una propria personalità e un proprio carattere distintivo. Ok, la sua vinificazione per ottenere spumanti di qualità, ma Ottavia ha anche pensato di possedere un patrimonio vitivinicolo capace di trasmettere insieme unicità e autorevolezza, proprio in relazione al Pinot Nero, che copre circa 140 ettari della superficie vitata dell’azienda di Rocca de’Giorgi su un totale di 200 ettari.

Ecco allora l’idea di individuare tre cru per vinificare il Pinot Nero in rosso e ottenere la sua massima espressione tra i colli dell’Oltrepò. Pernice, Bertone e Tavernetto, che per Ottavia sono come tre figli. Ognuno con una propria personalità. Il maggiore, il Pernice è il più difficile da gestire, ma quanto si guadagna nel domarlo. Alla fine spicca per “intelligenza”. E lo spunto per recuperare questo cru, forse è venuto proprio da una nota del grande Luigi Veronelli a inizio anni ’60, che elogiò il vigneto sito laddove le pernici erano facile bersaglio dei cacciatori. L’adolescente bottiglia, annata 2018, già dimostra tutta la sua complessa personalità. Un po’ spigoloso ancora, ma con spalle forti. Austero  e intrigante.

La vinificazione comporta una fermentazione in tini troncoconici in legno, malolattica in barrique, affinamento sempre in barriques per 12 mesi e un altro anno in bottiglia. Una vinificazione sapiente, insomma, ma che ha un solo obiettivo: mettere in atto tutte le virtù potenziali dell’acino.

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