Azienda storica e insieme giovane, perché affonda le proprie radici oltre un secolo fa, ma compie una svolta importante intorno al 1999. Scelta riassumibile in un dialogo tra padre e figlio, che inventiamo qui sotto, ma che più o meno corrisponde a verità.

«Papà, voglio piantare il Ruchè».
«Ti it ses fòl».
«Magari anche il Viognier».
«Tu si pazz».


Il padre di Luca Ferraris, non è vero (ma sarebbe benissimo potuto accadere), passò dal piemontese al napoletano per essere più chiaro e incisivo. Ma nulla valse a fermare quel figlio poco più che ventenne, determinato e brillante, dal realizzare i propri propositi e divenire nel giro di una manciata di anni un grande vigneron. Con una passione fortissima per un vitigno che rischiava l’estinzione, il Ruchè appunto. Una varietà che fu riscoperta, quasi per miracolo, da un parroco e grazie al buon gusto di un vescovo suo ospite durante una cena e una involontaria degustazione “alla cieca”. Nel senso che nel buio della cantina Don Giacomo Cauda, per errore, prese una bottiglia di vino scartata di Ruchè in purezza e ne scoprì insieme con l’alto prelato tutte le qualità e potenzialità.

Luca Ferraris

Il giovane Luca, folgorato dalle e sulle poche, pochissime vigne del Ruchè ancora piantate, si trasformò in martire delle banche. Quindi, come tanti intelligenti e visionari vignerons, compì il suo pellegrinaggio in Francia e s’innamorò anche del Viognier e comprese che lì, intorno a Castagnole di Monferrato, vi erano tutte le condizioni per allevare i due vitigni e ottenere vini notevolissimi.

Partendo quasi da zero, Luca è giunto a produrre più di 300 mila bottiglie.  Ruchè, Viognier, Barbera d’Asti… Abbiamo visto alcuni dei suoi vigneti, che sono certamente tra i migliori della zona e della denominazione del Ruchè, per l’esposizione e per il suolo. E ne ritroviamo la qualità indiscussa nel calice. Negli anni Ferraris ha arruolato un team di giovani collaboratori, ha ottenuto la certificazione sostenibile, continua a lottare come un leone per promuovere il territorio vitivinicolo e il paesaggio e la cultura locale nel quale opera. Quello del Monferrato è Patrimonio Unesco, ma non tutti gli operatori locali ne fanno tesoro).


I Ruché di Ferraris

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La prima tinta fondamentale è rappresentata dal Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG Sant’Eufemia. Può corrispondere al colore giallo, per la sua luminosa fragranza e la sua versatilità. Vino d’ingresso, ma quale ingresso! Possiede una piacevolezza davvero rara. Bevuto giovane è notevole, ma anche dopo due tre anni dimostra una maturazione inaspettata.


La seconda tinta è il Clàsic, se non ricordiamo male è la prima etichetta dell’azienda. Il colore  è quello del blu di un cielo terso. Con un petalo di rosa sull’orizzonte. Prima che appaiano qualche astro speziato, un gusto morbido e la cavalcata dei tannini.


La terza tinta non è una tinta, ma una sorta di bandiera tricolore del Ruchè. La Vigna del Parroco, unico cru della denominazione e il primo vigneto del vitigno (anno 1964). Risale appunto alla degustazione alla cieca dei due religiosi di cui abbiamo scritto sopra. Luca Ferraris non era neppure nato allora, ma è stato il solo a essere scelto per acquistare lo storico lotto. Con qualche sacrificio, come al solito (Com sopra martire delle banche). Questo vino ha una longevità notevole. L’ultima annata 2021 è ancora acerba come un ragazzino che deve ancora fare la cresima.

Anche la quarta tinta non è una tinta, ma una sorta di paesaggio tardo impressionista. La descrizione concreta di un territorio, ma multisensoriale. Colori, odori, sapori e la percezione tattile e visiva di un luogo (non a caso Patrimonio Unesco) che suscita un’emozione. Il vino è Il Ruchè Castelletto di Montemagno Riserva. E va bene, siccome non c’è produttore che non sostenga che nei propri vini ricerca l’eleganza. Abbiamo consultato il dizionario dei sinonimi e contrari per dare corpo a questo notevolissimo vino e scansare gli stereotipi: “buongusto, classe, distinzione, finezza, gusto, signorilità, stile, ricercatezza”.Ci stanno tutti quanti.L’ultima tinta è la porpora. Colore riservato un tempo agli imperatori. Ma il Piemonte di è dovuto accontentare di ben altri sovrani. E se n è anche liberato per fortuna. Ma tornando ai vini eccone uno davvero blasonato. Fin dalla etichetta che evoca quelle di 4\5 decenni orsono, il Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG Opera Prima, vuole presentarsi con un certo peso. Be’, intanto è la prima bottiglia di Ruchè affinato a lungo (36 mesi in tonneaux di rovere francese più altri 12 mesi in bottiglia. Poi vuole unire almeno tre generazioni in una della famiglia Ferraris. Poi, alla luce di una degustazione verticale di quattro annate (2016; 2015; 2011; 2010) quale vince? Be’, l’ultima che abbiamo scritto. Ultima notazione: 16% e non sentirli.



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