A Montalcino alla fine è arrivato l’inverno, o quantomeno una versione consistente di autunno. In paese c’è odore di castagne arrosto, l’aroma delle svinature è rinfrancante, si mescola con il chiacchiericcio della gente e contribuisce ad un clima di generale ottimismo, sarà che l’estate è trascorsa e il vino è al riparo nelle cantine. Di quella frenesia rimane, a testimonianza, un sole vigoroso all’orizzonte, che illumina, certo, ma non punge più.

Oggi passo a trovare le ‘ragazze’ dell’azienda Le Potazzine, che è ospitata in una bella casa padronale del 1800, e prende il suo nome, iconico come l’etichetta e le bottiglie, dal localismo per chiamare le cinciallegre. Siamo appena a sud di Montalcino, anche se per quanto riguarda la DOCG del Brunello siamo ai confini del quadrante Nord-Ovest. Il corpo principale dell’azienda è collocato in una zona un tempo sconsigliata per il Sangiovese, in compenso molto alta, circa 510 metri sul livello del mare. L’altro ettaro sorge vicino a Sant’Angelo in Colle, questa volta quadrante Sud-Ovest, circa 420 metri slm. Quando Gigliola mi accoglie, con la squisita cortesia di sempre, penso che è decisamente eroico che una cantina a gestione iper-familiare, che conduce poco più di 6 ettari, che dà vita ad appena 35 mila bottiglie, sia presente in una quantità infinita di ristoranti stellati, alberghi, bar e lounge in 27 Paesi del mondo.

Un lavoro incredibile, quello di Gigliola, che gestisce l’azienda con le figlia Viola (che si occupa della cantina) e Sofia (che si occupa dell’accoglienza e del marketing) e un piccolo gruppo di fidati collaboratori e collaboratrici, ma che racconta vividamente quello che c’è di meglio dell’Italia, dell’essere italiani e della (a volte famigerata) ‘italian way of life’. Certo si respira sia in vigna, dove vigono principi antinterventisti (Le Potazzine sono, tra l’altro, certificate bio), che in cantina, un clima accogliente, a cementare il quale ci pensa una religione monoteistica chiamata Sangiovese.

In cantina, per l’appunto, le regole antidemocratiche di una religione così rigorosa sono evidenti, dato che a Le Potazzine il Sangiovese si fermenta naturalmente, e per chi non conoscesse la procedura si tratta di attenzione quotidiana per processi a contatto con le bucce che ora si allungano a quasi due mesi (ovviamente, qui, senza controllo della temperatura), seguiti da altrettanto prolungati affinamenti in botte grande, anche di 42 mesi per il Brunello. Ne escono vini magici, di croccantezza e succosità indescrivibile, che risultano di precisione abbacinante conservando tuttavia la ‘scalpitanza’ della materia prima, ma qui raffinata, elegante, sottile.

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Il vino che verosimilmente chiarisce gli intendimenti de Le Potazzine è il Brunello 2017, fascinoso, ribes rosso, tocchi di frutto di cappero e sottobosco, iris, zest di clementina, finale con tannini salmastro-sapidi e persistenza lunghissima.

Costa circa 80 euro

Perfect Match

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