La seconda “venuta” della cuvèe de prestige di Moët & Chandon (anzi la terza, considerando anche quella di Dom Perignon negli anni 30…) dovrebbe essere quella giusta ovvero quella definitiva che accompagnerà la casa verso i suoi 300 anni. Dicevamo terza venuta perchè già alcuni anni fa avevamo avuto il piacere di assaggiare MC-III , il primo Moët di posizionamento luxury a essere realizzato con vini invecchiati e assemblati da oltre 10 anni in tre ambienti diversi (acciaio, rovere e vetro), in particolare era per un terzo in acciaio base vendemmia 2003 insieme a un blend di Pinot Nero (50%) e Chardonnay (50%) invecchiato in tini di acciaio inossidabile, completato da un trimillesimato 2002-2000-1998  in rovere e un terzo di vini invecchiati in bottiglia sui lieviti.

Stavolta il nome è Moët Collection Impériale Creation No. 1, il dosaggio è Brut-Nature (una prima volta per la Maison) e la base è formata dalla 2013, annata fresca che rappresenta il 42,5% dell’assemblaggio, affinata in vasche di acciaio inox completato da una simile percentuale di vecchie annate di Grand Vintage affinate in legno ovvero la 2012, 2010, 2008, 2006 e 2000 (annate che alternano ricchezza e agilità, acidità e grassezza). A completare troviamo un 15% dell’annata 2004 (elegante ma anche ricca di contrasti) affinata in bottiglia sui lieviti per un paio di decenni. Il risultato è ovviamente piuttosto diverso in termini di complessità e ricchezza rispetto ad MC-III e vede questa “Creation” rivelarsi di una freschezza e saporosità impressionanti senza lasciare spazio a pesantezza e opulenza eccessive. Le note iniziali indulgono tanto su arancio mandarino e cedro, mele mature, timo, cumino e verbena poi tanto zenzero e paprika, miele e senape, burrosa pasticceria e un tocco di caramello salato.  Si affacciano anche un’idea di cera d’api, mais tostato, canditi di agrumi e anice invogliando eccome il sorso. In bocca impressiona la ricchezza ma con giudizio, c’è una importante componente di gesso e petricore che esaltano la croccantezza di sorso e il fitto balsamico, densamente Moët ma di cui esplora il lato profondità più che la consueta immediatezza. Belle le note di liquirizia e la sensazione fumè di alcuni tratti dell’assaggio che richiamano altre produzioni della casa a rinsaldare un family feeling intrigante per questa cuvèe non così avulsa dal resto della produzione Moët. 

Nonostante tutto si rivela uno Champagne più da bere che da pensare e si lascia godere anche da chi non ne conosce storia e complessità in un raro caso in cui il risultato non è la somma delle parti  ma qualcosa di nuovo e superiore. Sul mercato esce con un prezzo (240 uro) che la colloca tra la Grande Dame di Veuve Clicquot e il Dom Pérignon ed è una collocazione decisamente adeguata per la qualità che traspare nel bicchiere lasciando tanto spazio agli abbinamenti estrosi. La sua composizione e le sue sfaccettature lo rendono in grado di esaltare preparazioni vegetariane, carni, pesci ma anche di essere goduto per conto proprio senza pensiero alcuno che non sia quello di premiarsi con un vino eccezionale che prende il meglio di 7 annate di millesimati champenoise.
Splendida e rarissima , con prezzi da investimento artistico, la bottiglia edizione speciale di Daniel Archam che ha creato 85 pezzi di bottiglie  firmati (in formato jeroboam incastonato in sue opere d’arte) mentre più facile dovrebbe rivelarsi reperire questa bottiglia nel suo formato 0,75 di cui per l’Italia dovrebbero esserne disponibili circa 1200 esemplari. 

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