Che l’Italia ami lo Champagne ormai è cosa nota. Quello che potrebbe stupire è che nonostante la pandemia, la crisi e la recessione il desiderio degli italiani di bere Champagne è in continua ascesa. Sarà per il fascino di quelle bollicine dorate, la voglia di brindare o di potersi ritagliare piccoli angoli di emozione. Ecco che l’atto di stappare una bottiglia non è più legato solamente a una ricorrenza o a qualche momento da festeggiare. Si decide di aprire una bottiglia di Champagne anche per un’esperienza gastronomica e per il piacere dell’abbinamento.

Questo è quello che è emerso dai dati del Comité Champagne, l’ente che rappresenta tutte le Maison e tutti i Vigneron della regione. A Milano David Chatillon, presidente dell’Union des Maisons de Champagne e co-presidente del Comité Champagne, Maxime Toubart, presidente del Syndicat général des vignerons e co-presidente del Comité Champagne e Charles Goemaere, direttore generale del Comité Champagne, hanno spiegato come l’Italia si posizioni al quarto posto nella classifica mondiale delle spedizioni.

Il consumatore italiano è un consumatore attento, preparato e informato, sa districarsi tra etichette, Maison e tipologie. Millesimati, cuvée speciali e rosé sono i più apprezzati. Rappresentano, infatti, quasi un terzo delle bottiglie di Champagne che arrivano in Italia e che raggiungono complessivamente il 31% delle importazioni a valore, con performance per queste categorie superiori a quelle di mercati quali il Regno Unito e la Germania.

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Il profilo del consumatore italiano di Champagne è orientato verso le cuvée di alta gamma, lo si deduce dai dati sulle spedizioni del 2022. Un anno che per l’Italia ha fatto registrare un doppio record storico sia a volume che a valore, raggiungendo i 10,6 milioni di bottiglie (+11,5%) e un giro d’affari di 247,9 milioni di euro (valore franco cantina e tasse escluse) in crescita del 19,1%. L’Italia rappresenta oggi il quarto mercato all’export per lo Champagne nella classifica mondiale a valore, davanti a Germania e Australia.

Gli italiani preferiscono Rosé e Pas Dosé

Un gusto, quello degli italiani, che è cambiato negli ultimi 15 anni, si preferiscono gli Champagne a basso dosaggio zuccherino e i rosé. Se, infatti, nel 2007 i dosaggi inferiori al brut, rappresentavano solo lo 0,1% del totale delle spedizioni oggi si è passati al 5,1%, lo stesso vale per i rosati che fanno un salto dall’1% a l’8%.

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Coco Chanel era solita dire “bevo Champagne solo in due occasioni: quando sono innamorata e quando non lo sono”. Anche il consumatore italiano sembra andare verso questa direzione. Se tradizionalmente lo Champagne si è sempre bevuto durante i matrimoni, le feste di fine anno, di famiglia o durante le festività religiose, adesso per stappare una bella bottiglia di Champagne ogni occasione è buona. Eventi organizzati, incontri romantici, esperienze gastronomiche, ma anche come dono o per suggellare momenti magici, o semplicemente a fine giornata, l’occasione, per regalarsi un momento di piacere, si trova sempre.

«I gusti degli italiani si distinguono da sempre nel panorama mondiale del consumo di Champagne per la particolare domanda di bottiglie di pregio. In questo scenario il settore Horeca ci appare particolarmente dinamico. Dopo la crisi sanitaria, nel 2022, i consumi in bar, hotel e ristoranti fanno presumere una netta ripresa, confermando che il fuori casa rappresenta ormai un’abitudine consolidata per i consumatori italiani di Champagne. I positivi dati delle spedizioni confermano inoltre che l’offerta è riuscita a soddisfare la domanda», ha dichiarato Charles Goemaere.

Agli italiani piace il buon cibo e la buona tavola. In qualsiasi ambiente e con qualsiasi compagnia basta nominare un piatto o un vino e subito si associa regione e provenienza, non mancano, nemmeno, i riferimenti alla storia. Non stupisce che l’esperienza gastronomica abbinata allo Champagne rappresenti il 9% delle occasioni. Il consumatore italiano è un enofilo ed estimatore delle “cuvée prestige”. E sa che “non è Champagne se non è della Champagne”: può sembrare banale, ma non è poi così scontato.

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«Il dinamismo a cui stiamo assistendo è dovuto essenzialmente allo sviluppo di nuovi mercati e di nuovi momenti di consumo. Lo Champagne resta il vino delle celebrazioni, ma prende sempre più piede un consumo che potremmo definire informale, in cui lo Champagne è, sempre di più il vino, che riesce a rendere straordinario un momento ordinario. Da questo punto di vista l’Italia è senza dubbio un osservatorio privilegiato sugli stili di consumo», ha dichiarato David Chatillon.

I numeri dello Champagne

A livello globale, nel 2022 le spedizioni totali di Champagne hanno raggiunto i 325,5 milioni di bottiglie, in crescita dell’1,5% rispetto al 2021 e del 9,5% rispetto al 2019. Si tratta del miglior risultato a volume, secondo solo al picco del 2007. L’export rappresenta il 57% delle spedizioni, con 187,5 milioni di bottiglie, in crescita del 4,3%. Il 2022 segna un nuovo record a valore, con un giro d’affari che supera complessivamente per tutti i mercati i 6,3 miliardi di euro.

La classifica a valore dei principali mercati all’export per lo Champagne, vede al primo posto gli Stati Uniti con 946,9 milioni di euro e 33,7 milioni di bottiglie. Seguono il Regno Unito (548,9 milioni di euro e 28 milioni di bottiglie) e il Giappone (432,1 milioni di euro e 16,5 milioni di bottiglie). L’Italia, al quarto posto, precede la Germania (245,1 milioni di euro e 12,2 milioni di bottiglie), Australia (188,3 milioni di euro e 10,5 milioni di bottiglie), Belgio (179,7 milioni di euro e 10,2 milioni di bottiglie), Svizzera (145,3 milioni di euro e 6,3 milioni di bottiglie) e Spagna (115,4 milioni di euro e 4,9 milioni di bottiglie). Chiude la classifica dei primi 10 mercati a valore il Canada, con un giro d’affari di 97,6 milioni e 3,5 milioni di bottiglie.

Per comprendere ancora meglio i trend, ecco i numeri dal 2015 al 2021 nella tabella qui.

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Tabella da I numeri del vino

In ottica futura, il Comité Champagne ha presentato il piano che definisce la strategia globale per affrontare le sfide del decennio a venire. Il budget annuale del Comité crescerà di 10 milioni di euro nei prossimi cinque anni, passando da 20 a 30 milioni di euro, con investimenti in R&D, sviluppo sostenibile della filiera e il rafforzamento delle sue missioni fondamentali.

Champagne sempre più desiderabile, ma meno disponibile

Si è parlato anche della diminuzione dello Champagne nel 2022, certamente con il Covid si è deciso di tirare meno bottiglie, quindi di imbottigliare meno. Lo Champagne ha i suoi tempi, ricordiamo che per essere denominato Champagne il vino deve rimanere almeno 15 mesi nelle cantine, questo periodo è esteso ai tre anni per i millesimati, ma in realtà è quasi sempre più lungo, in media dai due ai tre anni per le cuvée non millesimate e dai quattro ai 10 anni per quelle millesimate.

Tutta la Champagne è impiantata, si useranno i vini di riserva, ma anche in futuro, forse, non si riuscirà a soddisfare tutte le richieste.

«La nostra ambizione non è di cercare di fare di più, ma di fare ancora meglio, a beneficio delle generazioni future. Nei prossimi 10 anni, rafforzeremo notevolmente le nostre risorse con l’obiettivo che lo Champagne sia sempre disponibile, desiderabile e un punto di riferimento per i consumatori», ha concluso Maxime Toubart.

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