Qual è il discrimine tra sogno e follia? Si sa, sono condizioni che confinano, a volte persino si confondono.

“Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta”. “Come lo sai che sono matta?”, disse Alice. “Altrimenti non saresti venuta qui”, disse il Gatto.

Andiamolo, dunque, a scovare un gran sognatore folle, o un gran folle sognatore che dir si voglia. Per farlo dobbiamo inerpicarci su per le stradine che, in Abruzzo, lasciata la statale Adriatica poco prima di Ortona, tenendo le onde alle spalle e puntando quindi decisi la Maiella, dopo una ventina di chilometri ci conducono a Crecchio, il nostro Paese delle Meraviglie, 200 metri sul livello del mare, un agglomerato di pietra che profuma di storia, abbarbicato su un costone collinare col suo bel castello medioevale, le viuzze e poi tanti casolari sparpagliati per la campagna ondulata fitta di boschi, olivi, viti. «Nella piazzetta ogni sera era una festa: tutti i contadini della zona, di ritorno dal lavoro, si riunivano ed erano suoni, canti e balli. Era magico», raccontava nonna Rita Baccile, che con la memoria tornava alla sua vecchia contrada proprio dirimpetto a Crecchio, poche centinaia di metri in linea d’aria, non molto più di strada a superare il letto del fiume Moro. Oggi quella contrada, rimasta a lungo abbandonata, è tornata a vita. Si chiama Borgo Baccile, sorta di luogo dell’anima e dell’ospitalità rurale voluto e realizzato da Fantini Wines.

Sgambettava qui in pantaloncini corti – erano gli anni Sessanta e lui li aveva accolti fin dall’inizio, è nato il 2 ottobre 1960 – il creatore di Borgo Baccile, che poi è soprattutto il creatore di Fantini Wines nonché il folle sognatore di cui sopra: Valentino Sciotti, figlio della citata Rita e di Domenico Sciotti, quest’ultimo commerciante di uve e vini d’Abruzzo, una delle zone dove la vite ha la maggior diffusione in Italia. «Sono nato tra i grappoli», chiosa Valentino ricordando quei giorni. E non è difficile dunque capire come tale mondo di riti ancestrali – la vendemmia, la pigiatura, l’assaggio dei mosti… – gli sarebbe rimasto per sempre nel cuore, una passione che avrebbe determinato le sue scelte di vita insieme a un’altra, quella per il ciclismo.

Immaginiamocelo, neanche ventenne, Valentino Sciotti, a osservare le imprese dei grandi a due ruote, ad esempio di Francesco Moser che furoreggiava all’epoca, «volevo diventare un ciclista famoso e vincere la maglia a pois, quella degli scalatori, al Tour de France». Ci avrebbe provato a intraprendere la carriera sportiva, ma si sarebbe presto reso conto di non avere gambe sufficientemente forti per inseguire traguardi importanti. Però in un’altra scalata, ugualmente impervia, Valentino ha staccato persino i suoi miti. Per dire: Moser è stato un grande ciclista e oggi è un buon produttore di vino; Sciotti è stato un buon ciclista (ha chiuso la carriera nella categoria under23) e, oggi, è gran produttore di vino, con Fantini Wines, il gruppo che lui ha creato a Ortona nel 1994, e quasi tre decenni dopo ormai azienda vitivinicola leader tra quelle esportatrici nel Sud Italia, 26 milioni di bottiglie immesse sul mercato, un fatturato che ha bucato il muro dei 90 milioni. Senza avere vigneti di proprietà!

Leggi anche:
Dalla Slow Wine Fair a Cheese, passando per Slow Fish: gli eventi Slow Food  da non perdere

In principio sarà il vino. Poi il pesce; infine il formaggio. Detta così pare riduttiva, ma è per dare un’idea immediata del 2023 che attende la rete mondiale di Slow Food. I principali eventi internazionali che…

Quasi un paradosso che va ben spiegato. Partendo da una delle ammiraglie – per continuare il parallelo col mondo del ciclismo – della produzione di Fantini Wines: si chiama Three Dreamers, ossia “tre sognatori”, abbiamo visto quanto il sogno sia importante in questa storia. È un rosso potente, un vino “differente” prodotto da grappoli abruzzesi in appassimento per 120 giorni «come fosse un Amarone», gran successo immediato, Medaglia d’Oro al Berlin Wine Trophy 2022, d’argento al Mundus Vini 2022, 99 punti per Luca Maroni… Questa straordinaria bottiglia celebra l’intuizione visionaria che Sciotti ha avuto con due suoi amici, stile “eravamo tre sognatori al bar”.

Al bar era dunque Sciotti insieme a Filippo Baccalaro, terza generazione di enologi piemontesi, e Camillo De Iuliis, ristoratore abruzzese di rientro dall’Inghilterra. Balenò loro un pensiero: «Senza un solo ettaro di filare, senza una cantina, senza una lira, decidemmo di diventare produttori di vini, basandoci sul Sud Italia». Perché il Sud Italia? «Perché qui si hanno opportunità che non esistono in altre regioni italiane. Dove trovare vigne vecchie di 200 anni e lavorarle con un investimento ragionevole, così da proporre grande qualità al giusto prezzo? Solo in queste zone. Dove trovare una comunità rurale ancora legata alla terra da vincoli affettivi e intenzionata – se le si fornisce la possibilità economica – a continuare a curarla, come da generazioni? Nel nostro Meridione, da nessuna altra parte. Abbiamo operato una precisa scelta di campo… Pardon, di vigna». Ok, ma come creare attorno a questa ispirazione iniziale una seria realtà produttiva? Come è stato possibile, insomma, creare quella che è oggi Fantini Wines? «Non avendo capitali, non potevamo aspirare a diventare proprietari dei terreni». Qui sta la trovata: «Pensammo allora a una specie di “federazione” di cantine in cui la cura delle viti – quelle più vocate ma non sufficientemente valorizzate – fosse affidata direttamente ai piccoli agricoltori che ne sono possessori magari da generazioni, ne conoscono tutti i segreti e sanno come ottenere le uve migliori, perché incentivati in questo da un patto che prevedesse una remunerazione non legata alla quantità di uve prodotte ma all’estensione del proprio vigneto e alla qualità del raccolto. L’esperienza di un contadino vale più di qualsiasi altra cosa». Non bastava: «Abbiamo capito che ad affiancare questi “sapienti della terra” dovesse essere una nostra squadra composta da enologi giovani, selezionati nelle migliori università ma legati al territorio di riferimento. Formati poi attraverso un percorso che li avrebbe portati a seguire vendemmie in tutto il mondo per poi riversare le competenze acquisite seguendo tutto il processo di vinificazione direttamente sul posto». Sogghigna Sciotti: «Per troppi anni si è pensato che bastasse avere un consulente famoso per fare il vino buono. Noi puntiamo invece su uve inimitabili, sulla sapienza dei nostri “custodi dei territori», affiancati dal miglior supporto tecnico ed enologico».

Ecco, così è nata Fantini Wines. Adesso è una realtà in continua ascesa che raggruppa 19 cantine soprattutto nel Sud Italia (Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna), con una scorribanda anche più a Nord (Toscana) e persino all’estero (Spagna). Lo spirito iniziale è rimasto intatto: va sempre alla ricerca di zone assai vocate alla viticoltura, dove però si lavoravano i vigneti restando esposti al fluttuare del mercato: «Spesso le uve venivano smerciate altrove, senza valore aggiunto, in base alle mutevoli richieste provenienti da altre aree considerate “più nobili” e dunque dovendo subire quotazioni al ribasso che stavano allontanando i viticoltori dalle loro terre». L’azienda ha innestato una spirale positiva, dando sicurezza economica agli agricoltori, consolidandone il legame con le terre, inducendoli a produrre qualità e stimolando con un sistema d’incentivi anche la diffusione di quella cultura produttiva che oggi consente in molti casi la stessa trasformazione delle uve in loco. Fantini è divenuto, insomma, il punto di riferimento per comunità rurali che vivevano il dramma del passaggio generazionale e della desertificazione territoriale, e sono adesso rivitalizzate e integrate in un sistema efficiente, che guarda al futuro. «Siamo stati il traino che non c’era, quello che ha consentito non solo la prosecuzione della viticoltura nelle aree in cui siamo arrivati, ma un suo miglioramento qualitativo, una stabilizzazione delle garanzie economiche che la rendono possibile, nonché una diffusione della cultura enologica. L’azienda del futuro è quella che coinvolge i propri lavoratori e che crea sviluppo per tutti».

Leggi anche:
Nighiri Koji con anguilla e manzo vecchio

Lo Chef Simone Caponnetto di Locale Firenze ci spiega come realizzare, passo dopo passo, un classico della cucina nipponica rivisitato in chiave moderna. Ingredienti per 4 persone manzo frollato (bastarda…

Dopo neanche 30 anni di attività Fantini è stata premiata otto volte “Cantina dell’anno”, i suoi vini sono stati eletti 12 volte “Migliori vini dell’anno” nelle maggiori competizioni mondiali, hanno inoltre vinto quasi 200 Medaglie d’Oro e 12 Trofei, ottenendo il favore dei maggiori esperti mondiali e dei consumatori in 91 Paesi nel globo . Un successo folgorante, che poco a poco ha attirato anche quei capitali che all’inizio non esistevano. Nel gennaio 2013 il fondo di 21 Investimenti, guidato da Alessandro Benetton, ha rilevato la maggioranza della società dai soci non operativi dell’azienda, superando il 50% del capitale; nell’agosto 2016, poi, 21 Investimenti a sua volta ha venduto la sua quota a NB Renaissance; quest’ultima nel gennaio 2020 ha infine passato la mano all’americana Platinum Equity, colosso nell’investimento di private equity con sede in California (si parla di 170 milioni di euro come valore dell’operazione).

Sciotti, oltre che socio, è sempre rimasto ed è tuttora non solo presidente del gruppo, ma anche una specie di “garante” della sua continuità d’idee e di produzione, front man nella conquista di nuovi mercati (l’estero assorbe la quasi totalità della produzione), esploratore con la figlia Giulia, direttore marketing dell’azienda – di nuove frontiere.

Come quelle della sostenibilità: «Abbiamo completamente rinnovato il nostro stabilimento d’imbottigliamento a Ortona, che è stato convertito all’energia pulita e rinnovabile, ora è autonomo al 70% grazie alla realizzazione di un grande impianto fotovoltaico sul tetto. Stiamo poi procedendo all’installazione, in tutte le aree dove lavoriamo più intensamente, di una serie di centraline di rilevamento meteo. Questi dispositivi ci forniscono una massa di dati – dall’umidità sulla foglia a quella del terreno, e così via – in grado di aiutare i contadini a gestire i vigneti, minimizzando il ricorso ai trattamenti anche là dove si applichi un modello di viticoltura tradizionale, non bio».

Leggi anche:
In Perù per imperdibili avventure off-road

Un viaggio Fly and Drive in Perù è il modo migliore per immergersi appieno nel delicato equilibrio tra espressione creativa dell’uomo, storia millenaria e una natura selvaggia. Attraversando la costa…

E poi ci sono i tre ulteriori gioiellini: terreni dalle condizioni pedoclimatiche eccezionali «sedi oggi di nostri nuovi progetti dei quali siamo orgogliosi». Si chiamano Punta Aderci, Ripari di Giobbe e Cantalupo, si trovano all’interno di Riserve naturali abruzzesi, a strapiombo sul mare cristallino (Punta Aderci, Ripari di Giobbe), oppure più nell’interno, vicino a Notaresco, splendido borgo medioevale della provincia di Teramo (Cantalupo). Godono del beneficio delle brezze marine tutto l’anno e sono comunque vicini al Massiccio della Maiella, dal quale durante il giorno scendono venti a rinfrescare le temperature estive. Un trionfo della natura che Sciotti ha scelto di coltivare esclusivamente in biologico: niente chimica, solo rame e zolfo e in misura pure assai contenuta. La prima vendemmia si è tenuta nel 2022, ma una linea di imbottigliamento dedicata sarà inaugurata solo al termine della prossima. «Non è solo un’iniziativa importate dal punto di vista enologico. Ma vuole far parte di un’idea più complessiva di rivalutazione di un territorio naturalisticamente straordinario, quello della Costa dei Trabocchi».

E lì torniamo, alla Costa dei Trabocchi nell’approssimarci alla fine di questa fantastica storia. Perché c’è un anello mancante a questa vicenda personale di follia enologica, a questa dimostrazione di come si possa fare impresa vitivinicola partendo semplicemente dalle proprie idee. «Tutto bello – potrebbe dire qualcuno, il solito bastian contrario – Però il sogno del ciclismo è rimasto per sempre nel cassetto…». No, errore. Sciotti pedala duro, appena può, ovvero appena è libero dai suoi viaggi di lavoro per il mondo. E soprattutto affianca il mondo delle due ruote col proprio marchio, «abbiamo iniziato nel 2007 con il team Lpr Freni – Farnese Vini (il vecchio nome di Fantini, ndr) di Fabio Bordonali», poi il passaggio alla Lampre- Farnese Vini di Giuseppe Saronni, quindi l’affiancamento alla squadra toscana guidata da Angelo Citracca e Luca Scinto e nota via via come Farnese Vini-Neri Sottoli, Farnese Vini-Selle Italia, Vini Fantini-Selle Italia e infine Vini Zabù (uno dei brand siciliani del Gruppo, ndr), e la gestione della Nippo-Vini Fantini-Faizanè. Oggi Fantini Wines è partner di ben due squadre di ciclismo, la Israel-Premier Tech (con Fantini) e la Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux (con Zabù). Entrambe gareggiavano all’ultima edizione del Giro d’Italia e han ben figurato, ottenendo sette podi.

Ma sapete dove si è corsa la prima tappa del Giro, il 6 maggio scorso? Fossacesia Marina-Ortona, 18,4 chilometri a cronometro individuale lungo la cosiddetta Via Verde della Costa dei Trabocchi: proprio nel cuore di Fantini, quindi nel cuore di Valentino Sciotti, lui che abita a due passi da quello che è stato il punto di partenza e ha il quartier generale Fantini, a Ortona, a due passi dall’arrivo. Lo abbiamo scorto lì, Valentino, emozionato, a osservare i ciclisti che tagliavano il traguardo. Stava trionfando anche lui. Aveva le lacrime agli occhi.

Leggi anche:
Festa Artusiana XXVII Edizione

Dal 24 giugno al 2 luglio Forlimpopoli, cittadina natale di Pellegrino Artusi, si trasforma nella capitale della cultura gastronomica italiana con la XXVII edizione della Festa Artusiana. Dedicata al padre…