Compie un quarto di secolo il prestigioso riconoscimento internazionale “Wine Star Awards” legato al mondo del vino promosso dal magazine americano Wine Enthusiast. A gennaio 2025, in America, si terrà l’evento di gala durante il quale si sapranno i migliori interpreti, personali e aziendali, del 2024 suddivisi in diverse categorie. In ognuna di esse le candidature sono di cinque, in alcuni casi invece il vincitore viene dichiarato durante l’evento.

Anche per questa venticinquesima edizione non mancheranno alcuni portabandiera del Belpaese. La pattuglia dei connazionali in lizza sarà distribuita all’interno di quattro categorie: European Winery of the Year, Spirit Brand of the Year, Wine Executive of the Year e Importer of the Year. Per la prima di queste, Cantina europea dell’anno, le nomination sono ben due. Si tratta della montalciniana Col d’Orcia e della trentina Ferrari. Come possibile miglior marchio nella produzione di spirit in lizza per il premio c’è l’ascolana Meletti, mentre come importatrice dell’anno figura Banville-Lia Tolaini, società con sede a New York, che vede tra i fondatori l’italiana Lia Tolaini. Infine Carlo De Biasi, anima e cervello manageriale della toscana San Felice, si giocherà le sue chances nella categoria “Wine Executive of the Year”.

Col d’Orcia

col d'orcia

La realtà produttrice del Brunello di Montalcino, di proprietà del conte Francesco Marone Cinzano coadiuvato dal figlio Santiago, è la prima punta di diamante presente tra le candidature italiane. Si tratta di una firma storica per uno dei cavalli di battaglia della produzione vitivinicola nel mondo del made in Italy. Le motivazioni che hanno portato la rivista americana a menzionare la cantina di Montalcino ci sono soprattutto l’adozione di quest’ultima di «pratiche biodinamiche e collabora con l’Università di Firenze in ricerche sulla selezione clonale, colture di copertura, controllo dell’erosione e riduzione dell’impronta di carbonio,

Ferrari

ferrari spumante

Un simbolo indiscusso e internazionale dell’effervescenza spumantistica del made in Italy. Già dieci anni fa la realtà trentina non solo è stata nominata ma vinse il prestigioso premio. Oggi arriva di nuovo la possibilità di fare il bis. Questo perché per la rivista «oltre a essere spumante ufficiale della Formula 1, il fondatore Giulio Ferrari ha iniziato nel 1902 a produrre vino con l’obiettivo di poter competere con il mercato francese dimostrando al mondo cosa potevano essere le bollicine trentine italiane».

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Banville-Lia Tolaini

Questa società di distribuzione, con base operativa nella Grande mela americana, è stata co-fondata dalla toscana Lia Tolain. Dal Chianti Classico a Oltreoceano l’esportatrice e distributrice in Usa è nominata nella categoria “Importer of the Year”. Diverse le referenze che vengono vendute in terra americana tra cui prestigiosi nomi di Champagne e Borgogna, ma che, ovviamente, non dimentica le proprie origini italiane con brand del calibro di Cesarini Sforza, Parusso, Donatella Cinelli Colombini, Majolini, Tenimenti Leone, Pala, San Salvatore 1988, Ca’ Viola e Bianca Vigna. Un riconoscimento oltre alla «gestione famigliare» che viene riconosciuta dalla rivista di settore anche per l’impegno quotidiano «a rappresentare marchi che mostrano il loro impegno per l’integrità, l’autenticità e la famiglia».

Carlo De Biasi

Viene riconosciuto come uno dei più bravi manager italiani del vino, Carlo De Biasi, classe 1968, direttore generale della toscana San Felice Wine Estates (Gruppo Allianz). Compare anche lui tra le cinque nomination per ottenere il premio di Wine Executive of the Year. San Felice Wine Estates sotto la guida del Dg, ha rinnovato il proprio percorso d’autenticità, sostenibilità e innovazione. Grazie a questa possibilità, bisognerà aspettare gennaio del prossimo anno per sapere se è riuscito nell’impresa, si conferma, quindi, il costante impegno aziendale verso la promozione di una produzione vinicola d’avanguardia, il tutto anticipando sui tempi e sulle modalità l’ormai sempre crescente attenzione generale verso iniziative ambientali più sostenibili.

Meletti

Altro simbolo dell’organizzazione artigianal-famigliare, l’ascolana Meletti, produce liquori nella propria terra d’origine da cinque generazioni. «Dopo più di un secolo e mezzo – scrive la rivista – Meletti continua a produrre aperitivi, digestivi, cordiali e il suo amaro esclusivo con la stessa cura e attenzione ai dettagli». A colpire la redazione del magazine di settore c’è anche e soprattutto la continuità «nel procurarsi attentamente gli ingredienti, continuando a innovare, aggiungendo di recente un liquore al caffè alla sua linea».

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