Se hai letto la mia bio saprai che sono una torinese trapiantata a Milano, ma la verità è che la maggior parte della mia vita l’ho passata nel territorio chierese, che conta più di 20 comuni, ma in particolar modo a Chieri, un paese di poco più di 30 mila abitanti che riesce a distinguersi per le sue eccellenze. Chi a Chieri è rimasto le ha fatte crescere e io le faccio conoscere al popolo di Fancy.

Stavo per prendere la patente quando partecipai alla prima edizione della manifestazione “Di Freisa in Freisa”, l’appuntamento, arrivato alla sua XIII edizione, dedicato agli enopassionati, che ha l’intento di promuovere ed esaltare il Freisa in tutte le sue denominazioni ed espressioni piemontesi. Vitigno dell’anno 2022 del Piemonte, proprio quest’anno il Freisa di Chieri festeggia i 50 anni del marchio DOC ottenuto nel 1973. Un vitigno autoctono di cui si parla già nel Cinquecento dalle bacche molto scure. È una pianta in generale molto robusta e resistente, in grado di sopportare anche lunghi periodi di siccità e attacchi da parte di diverse malattie, insetti e muffe. L’origine del nome di questo vitigno è molto particolare, infatti il termine Freisa significa ‘incerto’ ed è da ricollegare al fatto che il vino che si ottiene è solo moderatamente alcolico ed è particolarmente delicato e leggero. È solo con la fase di invecchiamento che il prodotto si affina, diventa più forte, intenso e corposo.

Ancora non mi è chiaro se si dica il Freisa o la Freisa. Una domanda alla quale non ho saputo dare risposta, credo si tenda a chiamare il freisa il vitigno e la Freisa il vino; fine ed elegante come la donna, esprime ruvidità e durezze tipiche dell’uomo. Conosciuto come vitigno molto versatile, possiamo dire camaleontico, il Freisa di Chieri può essere commercializzato come secco o dolce, nelle versioni frizzante e spumante.

Ed è la versione spumante che ben si accompagna ad un’altra eccellenza di Chieri: la Focaccia Chierese. Il nome trae quasi in inganno, perché si tratta di un dolce, tipico del comune di Chieri, dal sapore e dalla morbidezza unica. Composta da ingredienti semplici e genuini, come farina, latte, burro, zucchero, uova e a chiudere una crosta di zucchero caramellato. La Focaccia di Chieri è gustosissima e fragrante e la sua ricetta completa è un vero segreto di pasticceria. Viene consumata specialmente a fine pasto, ma vista la sua bontà io la mangerei ad ogni ora.

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Come dimenticare invece i Rubatà di Chieri, grissini tipici della cucina del luogo. Il loro nome deriva dal dialetto piemontese, e significa caduto, richiamando proprio la tecnica con la quale si formano i grissini. In particolare indica il gesto che fa il panettiere nel prendere sulle punte i grissini appena stirati a mano e nel rivoltarli, facendogli fare un giro completo con i pollici e lasciandoli “Cadere”, o meglio “Rubatè”, con dolce violenza sul tavolaccio di stiramento. Esistono numerose ricette, tramandate di padre in figlio ed è nell’impasto che sta il segreto della preparazione. Prodotto da forno persino incluso nella lista prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, è ovviamente ottimo da accompagnare nelle degustazioni a “Di Freisa in Freisa”.

Ma c’è un’altra eccellenza a Chieri che questa volta ha in comune con il vino la condivisione di valori come l’impegno, il sudore, la fatica e la gioia di portare a casa il risultato: la squadra di pallavolo femminile Reale Mutua Chieri ’76, di cui io ero gran tifosa, che a marzo ha conquistato la prima coppa della sua storia superando quarantanove squadre europee nella finale di ritorno della CEV Challenge Cup.

In alto la coppa quindi, colma di Freisa!

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