Ditelo in veneziano: Locàl. Un termine che vuole racchiudere la filosofia di territorialità e nello stesso tempo identificare un luogo di incontro e condivisione. Siamo tra San Marco e l’Arsenale, in un angolo meno affollato di Venezia. Locàl, prima di essere un ristorante stellato, è un laboratorio in cui la tradizione cerca di sposare l’innovazione e la modernità, per continuare a essere tramandata.  

A fondarlo sono stati Benedetta Fullin e il fratello Luca nel 2015, a Castello, nella Venezia in cui sono nati e a cui sono profondamenti legati. Oggi a fianco di Benedetta c’è il marito Manuel Trevisan, maître e sommelier. La loro storia merita di essere raccontata. Benedetta proviene da una famiglia di ristoratori, respira sin da bambina l’atmosfera dell’accoglienza veneziana, all’interno dell’Hotel Pensione Wildner, con annesso ristorante, ap erto negli anni ‘60 dalla nonna. Crescendo, si trasferisce a Milano per una laurea in Scienze della comunicazione e per un master in management del turismo: il suo sogno è quello di organizzare grandi eventi, ma nel percorso accademico incontra figure professionali in ambito hôtellerie che la colpiscono. Decide di partire per Londra, dove resta per sette anni, lavorando anche a fianco di chef che le trasmettono importanti valori. Tornata in Italia decide di creare un nuovo progetto ristorativo a Venezia e nasce Locàl. Anche Manuel ha origini venete e il suo regno è da sempre quello della sala. Dopo sette anni all’Antica Osteria da Cera, due stelle Michelin e un passaggio allo stellato Ridotto di Venezia, decide che è il momento di imparare l’inglese e vola a Londra, dove si stabilisce dell’appartamento di proprietà di Benedetta a South Kensington. E scocca l’amore. Manuel arriva nella sala di Locàl nel 2019, come maître e sommelier appassionato, e da quel momento si mette in opera una vera e propria “rivoluzione”.

Il bancone – rame in superficie e una base lignea ricavata dalle botti della Valpolicella, in un contrasto di lucentezza e ruvidità molto suggestivo – diventa un elemento fondamentale all’interno del locale, un rituale veneziano di socialità e condivisione. La cucina a vista, che permette interazione con chi lavora dietro il vetro, trasmettendo quella trasparenza che è tratto distintivo del ristorante. Il pavimento è un terrazzo alla veneziana, realizzato a mano, con incastonate circa 4.000 murrine, frutto del magico lavoro dei mastri vetrai di Murano. Il richiamo è al logo di Locàl.

Diverse le battute d’arresto: l’acqua alta nel 2019 e poi gli anni del fermo forzato hanno portato a ridisegnare la proposta, togliendo tutto il superfluo e dando vita ad una proposta sostenibile: alla riapertura, Benedetta e Manuel decidono di mantenere solo i menu degustazione: due le proposte, da 7 e 9 portare, a cui si aggiunge un menu più veloce per il pranzo. La passione per il vino di Manuel fa il resto: due percorsi di abbinamento per ogni menu, e 55 referenze al calice che diventano presto il tratto distintivo del ristorante non solo per il numero di vini in mescita, che già da solo è un unicum, ma anche per il formato: tante, infatti, sono le bottiglie in grandi formati che vengono serviti, appunto, al bicchiere. Quando mai è capitato di trovare un’offerta del genere fosse anche in un wine bar di alto livello?

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Nel 2021 (edizione 2022 della Guida) arriva la stella Michelin, confermata tutt’ora. Al timone della cucina di Locàl da un anno e mezzo c’è Salvatore Sodano, chef campano approdato per la prima volta a a Venezia per sposare il progetto di Benedetta e Manuel, prima di allora non c’era mai stato. Prima di approdare al Locàl, Sodano è stato a Roma con Oliver Glowig, a Los Angeles, poi con Cristina Bowerman, quindi a Londra, al fianco del fratello Francesco nella cucina di Enoteca Turi con il quale, poco dopo, prende in mano le redini della cucina del Faro di Capo d’Orso, conquistando una stella Michelin. Il resto è la storia che lo lega a Locàl.

Scegliamo il percorso di 9 portate. Si parte dall’aperitivo, i cicchetti, simbolo della dolce vita veneziana e della sua cucina di Venezia. Una sfera realizzata con acqua di mare ed emulsione di ostrica, una sfoglia di patate con baccalà mantecato, il cracker fatto con farina di mais con all’interno ricci di mare e mandorla, servito guarnito con caviale. In abbinamento, Valentino Riserva Elena 2020 e Podere Rocche dei Manzoni. Il Valentino è servito in un calice unico nel suo genere, l’Esagonale di Alberto Striulli, piccola vetreria artigianale di Murano da cui escono pezzi unici di grandissimo pregio (https://www.striullivetriarte.it/).

Musso, garusoli e funghi è il piatto che apre la carrellata, che Manuel abbina a un Rosato 2019 di Torre Matilde, poi arriva un piatto che ti apre l’orizzonte e crea un nuovo matrimonio di sapori sorprendente quanto perfetto: capasanta e lingua salmistrata è il piatto più sperimentale e soprendente, oltre che goloso, del menu. Ne vorresti una padella intera, ma ti devi accontentare. Bello l’abbinamento con lo   Schioppetino 2004 di  Ronchi di Cialla servito da jeroboam.  Segue il delicato spaghetto ricci di mare e nocciole che si accompagna alla perfezione con il Bikos 2021 di Tenuta Gibadda, sempre in formato 3 litri. Ecco poi l’irruenza del risone di canoce, cicoria ed XO di schie: un piatto dal gusto deciso, appagante, rassicurante. Il comfort food per eccellenza. Ottima la Dorona Ua d’Oro 2021 di  Biniola formato magnum scelta da Manuel per questo piatto. Il pescato del giorno, una ricciola, abbinata a un’edizione one shot di Castello di Ruggine 2014, prodotto in pochissime bottiglie: qui il vino supera il piatto in termini di interesse. Non accade così per il manzo, uva fragola, salsa peverada e bieta, ottimo finale del percorso salato, abbinato a un 12 litri di Bricco Manzoni 2015 di Rocche dei Manzoni (wow). Ma le sorprese per il palato non sono finite, soprattutto con il Topinambur in versione gelato: eccezionale.  Grappa, nocciola e curry è il dessert che conclude il percorso, abbinato al Marsala Vergine 1980 di Francesco Intorcia (6 liti).

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Merita una menzione anche la selezione dei formaggi e quella dei distillati. Il tutto condito da un’atmosfera rilassata, amichevole, senza i formalismi che spesso si incontrano nei locali stellati, ma con un’attenzione maniacale – ma non invadente – al servizio, al cliente. Osti veri, insomma, dalla sala alla cucina, dove la sostanza conta più dell’apparenza.