Giocare in borsa è vintage. Adesso si investe in vino
Gianni Agnelli lo ripeteva spesso: «L’investimento nel vino conviene sempre – diceva – perché, mal che vada, te lo bevi». Negli ultimi 10 anni, però, quello del vino da investimento si è rivelato uno dei mercati più stabili e remunerativi di sempre. Lo avreste mai detto? Il vino è uno dei pochi investimenti al mondo non soggetto a tassazione poiché considerato un bene deteriorabile. A differenza dei mercati azionari, il vino ha sempre aumentato il suo valore nei periodi di forte crisi finanziaria ed è un bene tangibile non correlato da tutti i mercati finanziari, per questo è un interessante strumento di diversificazione.
Anche in Italia esistono società che si occupano di intermediare e gestire i vini da investimento: tra queste, c’è Incellar, startup veronese fondata nel 2021 che ha appena ufficializzato l’ingresso in società di Roberto Anesi, Miglior sommelier d’Italia, con il ruolo di andare a caccia dei fine wine per gli investitori. «Quest’anno – spiega Anesi – la forte volatilità dei mercati non ha intaccato i valori del vino da investimento che ha registrato performance pari al 7,5% nei primi 10 mesi dell’anno».
Tre le motivazioni per investire in vino pregiato: diversificare il portafoglio, la sua tangibilità e liquidità, e per divertimento. «Come risorsa alternativa – prosegue Anesi – i fine wine hanno storicamente mostrato poca correlazione con l’andamento dei mercati principali: quando i mercati tradizionali crollano, i prezzi dei vini pregiati tendono a rimanere stabili. Una caratteristica perfetta per rappresentare una diversificazione del portafoglio, riducendo il rischio complessivo di un investitore, offrendo stabilità e crescita e proteggendo la ricchezza».
Sfogliette al miele di castagno
Prova ne è il 2020: nell’anno più nero del secolo, segnato dalla pandemia globale, il mercato dei fine wine si è contraddistinto per la sua stabilità. Lo evidenzia l’andamento degli indici Liv-ex 100 e Liv-ex 1000, che mostra come il rendimento dei vini di lusso sia nettamente migliore del FTSE 100 e del DAX.
Liv-ex è un portale che monitora in tempo reale l’andamento del vino in tutto il mondo: la sigla sta per London International Vintners Exchange e conta a oggi oltre 450 membri, tra start-up e commercianti affermati. I dati Liv-ex si basano sull’attività dei membri, i quali hanno sede in 36 Paesi in tutto il mondo. La loro attività rappresenta circa il 95% del fatturato del vino fine a livello globale: scambi, aggiornamenti dei prezzi, offerte e offerte sono verificati e pubblicati con il relativo storico in modo indipendente. Secondo Liv-ex, anche la tangibilità del vino pregiato è un altro motivo di appetibilità: secondo i dati della piattaforma, i vini di alcune regioni vinicole del mondo hanno visto aumentare i prezzi molto più velocemente di altri, su tutti la Borgogna, principale protagonista dell’ascesa dei fine wine dell’ultimo decennio: la domanda insaziabile per i suoi migliori vini ha fatto salire i prezzi alle stelle, con l’indice Burgundy 150 che è aumentato del 136% negli ultimi mesi. Lo Champagne 50 è un altro indice di Liv-ex che mostra rendimenti costanti oltre che di tutto rilievo: è aumentato del 58% negli ultimi cinque anni,guidato dal potere del marchio e dal prestigio delle cosiddette “grandes marques”. Un altro indice interessante è il Rest of the World 60, che traccia le prestazioni dei migliori vini americani, australiani, spagnoli e portoghesi: le migliori performance dell’ultimo anno sono state registrate da Unico di Vega Sicilia, Penfolds Grange e Taylor’s Porto Vintage. Ma l’ascesa di popolarità (e valore) riguarda anche i vini italiani a partire dal 2016.
Attenzione, però, non è solo il tipo di vino a determinare il valore di una bottiglia, bisogna considerare molti altri fattori, tra cui la scarsità della produzione in un determinato anno, la qualità dell’annata, il giudizio dei critici e il prestigio della cantina che lo produce. Trascurare questi fattori potrebbe portare a scegliere un vino sbagliato per l’investimento. Ed è il motivo per cui esitono realtà come Incellar: «Gran parte del vino da investimento è francese, ovvero Champagne, Borgogna e Bordeaux, anche se si cerca di diversificare. Nel mondo del vino italiano iniziano a esserci dei vini che staccano o riescono ad acquisire interesse, come Pergole Torte, Burlotto, Roagna e Monfortino, tutte bottiglie che si avvicinano anche ai 1.000 euro di quotazione. Soprattutto nel Barolo c’è un grandissimo aumento di interesse internazionale». Per investire con Incellar servono almeno 10.000 euro, che Anesi cercherà di investire in vini più performanti possibile in termini di rendimento economico. «Ci sono bottiglie che stanno facendo performance di +40% o anche +65%: ad esempio il primeur di Margeaux 2019 in questo momento costa 540 euro, nel giro di 3-4 anni si potranno realizzare 750 euro a bottiglia».
Ma poi questi super wine dove vanno a finire? «Il vino – spiega il sommelier – viene conservato in un magazzino doganale con temperature controllate a Bordeaux, in condizioni ideali e certificate. Non va dimenticato che tutto il vino che viene acquistato e trattato è esente da imposte».
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Siete quindi pronti per investire in vino?