Che la pizza sia il cibo più popolare del pianeta non lo diciamo noi, lo dice Google quando si digitano le parole most+popular+food+world sul motore di ricerca. Pizza. Pizza. Pizza. Neapolitan. Pepperoni. Sicilian. Margherita.

Ed ecco che martedì 17 gennaio 2023 si festeggia – come ogni anno – il World Pizza Day, la festa mondiale della pizza celebrata in tutto il mondo. Una data non scelta a caso: il 17 gennaio ricorre infatti la festa di Sant’Antonio Abate, santo patrono dei fornai e dei pizzaioli.

La storia della pizza è lunga, complessa e incerta. Wikipedia ci racconta che “le prime attestazioni scritte della parola “pizza” risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997, come compenso per un contratto di affitto di un mulino situato nel territorio dell’attuale Comune di Castelforte e in un contratto di locazione con data sul retro 31 gennaio 1201 a Sulmona, ed in seguito in quello di altre città italiane come Roma, L’Aquila, Pesaro, Penne, ecc. L’accezione non era però quella attuale, dacché ancora tra il Secento e l’Ottocento nei ricettari napoletani la parola “pizza” indicava preparazioni rustiche e dolci da cuochi piuttosto che da pizzaiuoli”. Sappiamo bene che la data storica dei natali della pizza è fissata nel 1889, quando il cuoco Raffaele Esposito inventò la pizza Margherita in onore della Regina Margherita di Savoia, condita con mozzarella, pomodoro e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana.

Ma sia chiaro, la pizza è tutt’altro che rimasta un cimelio gastronomico fedele a se stesso: negli ultimi 15 anni ha dato prova di un’inaspettata vitalità, diventando il vero cibo del terzo millennio, palestra di sperimentazione e perfino avanguardia, anello di congiunzione tra la cucina familiare e il fine dining. Ma quando è accaduto tutto questo?

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Secondo Albert Sapere, gastronomo e ideatore di 50 Top Pizza, la guida che da qualche anno mette in fila le migliori pizzerie d’Italia, d’Europa e del mondo, si può individuare una data della rinascita della pizza ed è il 2008: «Con la crisi economica seguente alla bancarotta di Lehman Brothers – spiega Sapere a Il Giornale – un pubblico borghese si è avvicinato alla pizza. Un pubblico che era abituato a buoni ingredienti, a buone birre e a buoni vini e ha iniziato a chiederli ai pizzaioli. E la domanda ha creato l’offerta». Così la pizzeria è diventata un luogo dove l’avanguardia si mangia a costi accessibili.

Merito di un manipolo di giovani pizzaioli oggi quarantenni e oltre, che hanno saputo guardare con occhi diversi uno dei simboli italiani più sacri che si siano. Al primo posto, Simone Padoan de I Tigli di San Bonifacio (nella foto di copertina), l’inventore della pizza gourmet, fenomeno che è poi dilagato fuori dai confini veronesi da cui è nato e raccontato oggi in un libro, La pizza contemporanea. Ecco quindi in Campania Franco Pepe, Francesco Martucci, Ciro Salvo, Francesco Vitagliano; a Roma Gabriele Bonci, Giancarlo Casa, Pier Daniele Seu; nel Veronese Renato Bosco di Saporè di San Martino Buonalbergo; a Milano, dove accanto a insegne come quella di Sorbillo, sono arrivate vere perle come Denis, la pizza di montagna di Denis Lovatel, e Modus, la pizzeria in stile cilentano di Paolo De Simone. O ancora a Varese, dove La Piedigrotta di Antonello Cioffi è la prima pizzeria al mondo

a fregiarsi del titolo di Krug Ambassade.

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I pizzaioli sono le nuove star globali, in un’epoca in cui gli chef segnano il passo e in attesa che i bartender prendano a loro volta la scena. Lo dimostra la tv, che ha impalmato i cuochi e ora è a caccia di nuovi idoli dei fornelli: l’ultima stagione della serie tv Chef’s Table di David Gelb visibile su Netflix è stata dedicata alla pizza, con sei puntate in cui i protagonisti sono stati altrettanti pizzaioli celebri (gli italiani Franco Pepe e Gabriele Bonci, gli americani Chris Bianco, Ann Kim e Sarah Minnick e il giapponese Yoshihiro Imai).

Per festeggiare il World Pizza Day abbiamo scelto tre pizze special firmate da tre grandi maestri pizzaioli italiani, tre nomi magari un po’ meno noti, ma solo per il momento, e fuori dai “soliti giri”.

1) ‘Quel Matto di Luca’, la pizza di Luca Cornacchia

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Fermenta Pizzeria; Chieti (Abruzzo)

È la pizza preferita da Luca Cornacchia, maestro pizzaiolo di Fermenta a Chieti, che ha il merito di avere portato in Abruzzo quella che oggi viene definita la ‘pizza contemporanea gourmet’. E questa pizza è un po’ un tributo alla sua amata regione.

Un nome dato simpaticamente e provocatoriamente da sua moglie Giorgia Santuccione (responsabile di sala al locale) ad una creazione del marito pizzaiolo che all’inizio non la convinceva molto ma che poi si è rivelata un vero colpo di genio. L’effetto è un po’ quello della ‘ciavarella’, una sorta di pappa al pomodoro abruzzese. Gli ingredienti sono il pomodoro Pera d’Abruzzo stracciato a mano (un pomodoro che rimane più dolce, quasi un frutto, molto diverso dal pomodoro San Marzano usato dai pizzaioli napoletani), macerato con menta, timo, cipolla e misticanza. La ciavarella rappresenta per Luca, e un po’ per tutti gli abruzzesi, un ricordo d’infanzia, degli spuntini che si facevano una volta mentre insieme alla famiglia si preparavano le conserve. Inoltre sul cornicione, per dare uno sprint di sapidità, viene messo del Pecorino di Farindola (presidio Slow Food), che conferisce al bordo della pizza una croccantezza aggiuntiva, come in un ‘percorso del morso’ dal centro della pizza (meno croccante) fino alla sua estremità (più croccante).

2) ‘4 Casi Campani’ in versione croccante, la pizza di Diego Vitagliano

10 Diego Vitagliano Pizzeria; Napoli, Pozzuoli, Doha (e Roma da febbraio)

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È una delle pizze più iconiche del maestro degli impasti Diego Vitagliano (3° posizione 50 Top Pizza Italia 2022, 5° posizione 50 Top Pizza World 2022, 3 Spicchi Gambero Rosso 2023, miglior pizzeria del mondo 2022 per Big 7 Travel 2022), presente in carta in tutte le sue pizzerie: a Napoli, a Pozzuoli, a Doha (in Qatar) e presto anche nel suo nuovo locale di Roma (che aprirà le porte la prima settimana di febbraio).

Parliamo di una pizza che è un tributo alla sua amata regione, una sorta di quattro formaggi in versione 100% campana: con caciocavallo podolico, Blu di Bufala, pecorino Carmasciano, fiordilatte di Agerola, pomodorini semidried, crumble multicereali, basilico riccio napoletano e olio di sedano. E persino a Napoli – la patria della pizza, quella ‘napoletana’ vera con il cornicione pronunciato – sta spopolando l’impasto croccante, che qui infatti Diego utilizza per questa versione più crunchy della sua celebre 4 Casi Campani.

3) ‘Cacio e Pere’, la pizza di Alessio Muscas

Sbanco; Roma 

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E’ una delle pizze creative del giovane Alessio Muscas, maestro pizzaiolo di Sbanco a Roma(3 Spicchi Gambero Rosso 2023, 29° posto 50 Top Pizza Italia 2022, 60° posto 50 Top Pizza World 2022). Si sa, l’accoppiata di questi due ingredienti – il cacio e le pere – è vincente, ormai lo sa anche il contadino. Su questa pizza troviamo: pere zuccherate al vino, fiordilatte campano, gorgonzola dolce e pecorino romano grattugiato in uscita. Il gusto è intenso, e l’impasto ricorda una pizza napoletana ma con un cornicione super crunchy, che è un po’ il segno distintivo di Muscas.