Pesach, tra tradizione, cibo e natura
È iniziata il 22 aprile, quella che viene considerata la festa più importante della tradizione ebraica: la festa di Pesach – Passover – ovvero la festa della prima delle tre grandi ricorrenze liete della tradizione ebraica. La festa commemora la liberazione dalla schiavitù d’Egitto, evento che diede origine alla vita indipendente del popolo d’Israele. La festa inizia il 15 del mese ebraico di Nissàn, quando in terra d’Israele maturano i primi cereali; segna quindi l’inizio del raccolto dei principali prodotti agricoli. È anche nota col nome Hag hamatzot, festa delle azzime, a ricordo del fatto che quando furono liberati dalla schiavitù gli ebrei lasciarono l’Egitto tanto in fretta da non avere il tempo di far lievitare il pane: per tutta la durata della ricorrenza è perciò assolutamente vietato cibarsi di qualsiasi alimento lievitato o anche solo di possederlo. Si deve invece far uso di matzà, il pane azzimo, un pane non lievitato e scondito, che è anche un simbolo della durezza della schiavitù. In terra d’Israele Pesach dura sette giorni dei quali il primo e l’ultimo di festa solenne, gli altri di mezza festa. Fuori d’Israele – nella Diaspora – la durata di Pesach è di otto giorni, dei quali i primi e gli ultimi due sono di festa solenne.
Il Seder in famiglia
La prima sera viene celebrato il Seder, in ebraico “ordine”, suggestiva cena nel corso della quale vengono rievocate e discusse, secondo un ordine prestabilito, le fasi dell’Esodo, rileggendo l’antico testo della “Haggadah di Pesach”.
Durante il Seder si consumano vino, azzime ed erba amara in ricordo dei dolori e delle gioie degli ebrei liberati dalla schiavitù. Si inizia con l’invito ai bisognosi ad entrare e a partecipare alla cena e si prosegue con le tradizionali domande rivolte al padre di famiglia dal più piccolo dei commensali; la prima di queste è volta a sapere “in che cosa si distingue questa notte dalle altre?”. Tali quesiti consentono a tutti i presenti di spiegare, commentare, analizzare i significati dell’esodo e della miracolosa liberazione dall’Egitto.
Branca Milano
La simbologia della festa
La scrupolosa pulizia che la precede, il pane azzimo vale a dire il “misero pane che i nostri padri mangiarono” – il Seder, la lettura della Haggadah, fanno sì che ben pochi bambini arrivino all’adolescenza senza conoscere la storia dell’uscita dell’Egitto e senza avvertire che questa è una parte essenziale della loro storia.
La matzà, il duro alimento che sostituisce il morbido e saporito pane di tutti i giorni, sta anche ad indicare il contrasto tra l’opulenza dell’antico Egitto, l’oppressore, e le miserie di chi, schiavo, si accinge a ritrovare appieno la propria identità.
Può anche ricordare che la libertà è un duro pane, così come l’eliminazione dei lieviti può rappresentare la necessità di liberarsi dalla corruzione della vita servile.
La tavola della tradizione
Durante il Seder vengono lette e seguite scrupolosamente le indicazioni dell’Hagaddah di Pèsach, il “libro della leggenda” dove si narra l’intera storia del conflitto con il faraone, delle 10 piaghe e della fuga finale.
Elogio della complessità (e del pinot nero)
Di fatto è un pasto commemorativo con diversi elementi allegorici tra cui 4 coppe di vino rosso più una coppa, detta “la coppa di Elia” in onore del profeta, e ingredienti simbolici che vengono posizionati in un vassoio particolare ke’arà.
Nell’ordine, troviamo karpas, costa di sedano, che ricorda la primavera e la mietitura; maror le erbe amare, che rappresentano la durezza della schiavitù (nell’uso italiano, se ne aggiunge una seconda, chazeret – altre erbe amare, con rafano o indivia; una zampa arrostita di capretto o agnello chiamata zeru’a, a rappresentare l’agnello che gli ebrei sacrificarono nella notte della fuga; un uovo sodo, beitza, simbolo della continuità della vita; una ciotolina con acqua salata per indicare le lacrime versate in Egitto, in cui vengono inzuppati sedano, cipolla cruda o patata lessata e infine un composto dolce preparato con mela, melagrana, fico, dattero, mandorla, noce, miele e, spesso, vino chiamata charoset o haroset che rappresenta la malta dei mattoni fabbricati quando schiavi. Oggi ogni famiglia ha la sua ricetta di charoset, a seconda dell’area geografica di provenienza o delle tradizioni familiari.
A Gerusalemme la tradizione della pulizia del Qotel
La Western Wall Heritage Foundation ha condotto nei giorni scorsi la tradizionale rimozione di migliaia di note di preghiera che sono state collocate tra le pietre del Muro Occidentale negli ultimi sei mesi.
Lo sgombero è stato effettuato secondo le linee guida halachiche (legge ebraica) utilizzando guanti e strumenti di legno usa e getta. Lo scopo della rimozione dei bigliettini è quello di fare spazio ai nuovi biglietti. Gli appunti sono stati raccolti in sacchi e saranno sepolti insieme ai libri sacri logori in un’apposita genizah. Il rabbino Shmuel Rabinowitz, il rabbino del Muro Occidentale e dei Luoghi Santi, supervisiona personalmente lo sgombero ogni anno, offrendo preghiere per l’unità del popolo ebraico.
Memorie di una Geisha
Negli ultimi sei mesi, a partire dal 7 ottobre, oltre alle migliaia di visitatori che sono venuti al Muro Occidentale e hanno lasciato appunti, molti appunti sono stati inviati tramite il sito web da Israele e in tutto il mondo da soldati dell’IDF, feriti, famiglie di ostaggi e altro ancora.
In Israele tra natura e tradizione
Durante la festività di Pesach molte famiglie israeliane recuperano quel contatto con la natura che è alla base della festa.
Proprio per questo molte sono le giornate che si trascorrono all’aperto grazie anche ad un clima ormai temperato in tutto il Paese, rigogloso di fiori e frutti.
Esperienze davvero interessanti sono quelle che nei prossimi giorni saranno offerte dall’oasi di Neot Kedumin, una riserva biblica che offre la possibilità di esperienze per tutta la famiglia alla scoperta della tradizione biblica.
Pesach e solidarietà in Italia
La Pasqua ebraica è una festa che si celebra in famiglia.
Cantina Kaltern kunst.stück Lagrein Riserva 2020
Proprio per aiutare le famiglie, anche quest’anno l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha realizzato 250 pacchi alimentari da inviare alle famiglie dell’Italia ebraica. I pacchi di Pesach sono stati inviati a tutte le 21 Comunità e distribuiti. Nel pacco, oltre a matzot (pane azzimo) e vino casher, anche una lettera di auguri in cui si ricorda l’importanza della festa in cui si ricorda la liberazione degli ebrei dall’Egitto.