Vino e arte è un binomio ampiamente sfruttato e spesso anche abusato ma tra le chiavi di lettura del vino oggi probabilmente è quella che ha più chances nel raccontare le nostre denominazioni in maniera approfondita e originale. Il Lugana DOC, un consorzio attivo, determinato e forte del successo delle 30 milioni di bottiglie vendute ogni anno, ha scelto Wine in Venice come palcoscenico ideale per presentarsi, legando la propria immagine a un percorso artistico curato dal professore Giorgio Moriani, autore del libro di successo “L’uomo è ciò che beve. Una storia del bere, dagli alcolici ai caffeinati” uscito nel 2023. Quando si parla di vino, sostiene il professore «siamo di fronte a una bevanda che per i suoi effetti psicofisici, è stata considerata da numerose civiltà un dono degli dei e per questo elevato a strumento di ritualità, ma anche un dono da offrire all’ospite in segno di benvenuto o da consumare in compagnia, dato il suo innegabile potere socializzante.»

Il percorso artistico immaginato dal professore ovviamente si snoda per calli, sotoporteghi e fondamenta veneziane ed in ogni fermata troviamo un’opera d’arte legata dal sottoscritto a un calice di Lugana nelle sue cinque tipologie permesse dal disciplinare, dallo spumante alla vendemmia tardiva passando per annata, superiore e riserva. L’inizio del percorso è alle Gallerie dell’Accademia con Sebastiano Ricci e il suo “Baccanale in onore di Pan” del 1714, un quadro che evoca festa, movimento, ritmo e suono con un movimento delle pennellate che invita alla danza. Il vino è centrale nel bicchiere di alcuni protagonisti e dato che si parla di ritmo e suono pare davvero di sentire il sordo rombo del tamburello nelle bollicine di Lugana che abbiamo nel bicchiere: il Cantariva Metodo Classico Ca’ Maiol, animato da freschezza vivace e appena scomposta ma suadente nei rimandi al frutto agrumato e appena tropicaleggiante, condito con una bella dose di nocciole, mandorle e panificazione. Un metodo classico che sa di Lugana e non poco, fatto non così comune nelle spumantizzazioni fatte ovunque in Italia e del resto la Turbiana, similmente al Verdicchio, ha un’acidità ficcante che ne permette la spumantizzazione a partire da uve comunque dotate di buona maturità e gusto. Da sottolineare la contemporaneità del quadro con le prime feste alla corte di Francia con Filippo d’Orleans, fratello del Re Sole, che incoraggiava la moda del vino di Champagne con il “botto”, in genere poco tollerato a corte dove si preferivano i vini fermi.

Entriamo quindi nel Museo di Ca’ Rezzonico dove incontriamo Pietro Longhi con “L’allegra coppia” del 1740, un’opera che ci fa entrare nel quotidiano con il vino ci fa stare assieme e del resto è soltanto insieme che troviamo  la felicità più vera. Nonostante il quadro metta in mostra un grado di ubriachezza un po’ elevato che oggi può risultare esagerato, sottolinea che il senso ultimo del vino non è dissetarsi ma nemmeno ubriacarsi, il vino svolge la funzione di farci stare insieme felicemente e gioiosamente così come si propone di fare il Lugana annata, un vino tra i più venduti a Venezia tutt’ora, forse la DOC più venduta in assoluto nella città lagunare e, aggiungiamo noi, anche il migliore per lo spritz storica ovvero quello senza bollicine. 

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Nei bicchieri il Lugana di Abate è paradigmatico e perfetto per capire il successo di questo territorio e questa DOC per come unisce le note fruttate molto dolci e tropicali di mango, papaya e lytchee ad altre più classiche a ricordate gli agrumi del Garda a costruire una identità mediterranea affascinante sempre corroborata da una freschezza alpina (a ricordare i suoli nati dalla morena di un ancestrale ghiacciaio)  data dall’acidità ficcante del vino e la sua sottile gessosità di fondo. Caratteristiche che si trovano in ogni tipologia di Lugana ma fondamentale che siano giù riconoscibili e apprezzabili nell’annata, che rappresenta più del 90% del totale delle bottiglie.

Per descrivere carattere e aromi della tipologia superiore, rappresentata da Fraccaroli e il suo Campo Serà, il prof Moriani ci porta a Palazzo Ducale, al cospetto del Tintoretto e il suo “Arianna, Venere e Bacco” del 1576. Con Tintoretto si esce dal Rinascimento e si entra nel manierismo, si ha una evoluzione forte dello stile con l’autore che preconizza il Barocco che qui contestualizza Bacco che inanella Venere e avviene dentro un’atmosfera amorosa veneziana. Il Lugana superiore è un vino già moderno, manierista con solida base classica ma con appunto la dote di uno sguardo avanti al moderno gusto del consumatore di oggi che richiede al vino qualche dote di complessità e sfumature, appunto, superiori. La Turbiana si presta bene al gioco e alle richieste dando al vino una profondità intrigante in cui entrano note balsamiche tra menta, timo e alloro e si approfondisce il lato speziato, una piccantezza non estranea al quadro del Tintoretto che appunto suggerisce intimità e passionalità più carnali della precedente pittura rinascimentale.

Nei bicchieri arriva l’apice della complessità del Lugana che viene raggiunta il più delle volte con la tipologia Riserva come questa di Ca’ Lojera, uno spessore di note fruttate miste a tratti piccanti, tostati e ammandorlati in cui si sentono canfora, anice, agrumi canditi, ananas e albicocche oltre a un lieve sentore di vaniglia, fumè e poi un’idea di curry e zafferano che rammentano l’uso di uve in parte botritizzate nel blend. Un vino da degustare e approfondire non poco , un po’ come fanno curiosamente i soldati tedeschi in un dettaglio nello splendido “Convito a Casa Levi” di Paolo Veronese, sempre alle Gallerie dell’Accademia. Questo quadro del 1573 nasconde un passato da “ultima cena” poi riconvertito in una rappresentazione meno sacra visto che il Veronese si era troppo intrattenuto a inserire nel quadro elementi pagani e festaioli. La committenza domenicana non gradì l’inserimento di dettagli curiosi e divertenti come cani e convitati ubriachi arrivando a deferire l’autore al tribunale ecclesiastico e il nome da Ultima Cena passò a Convito a Casa Levi per evitare problemi e scandali. Tutto ciò non toglie grandeur e la spettacolarizzazione della scena con lo stile del Veronese che emerge prepotente così come dal calice lo stile del Lugana Riserva si definisce bene con quel suo farsi vino da tavola ricco e capace di abbinarsi a carni bianche e anche rosse senza timori reverenziali.

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L’ultima visita veneziana del giorno è al Museo Archeologico con i “Rilievo con satiri che pigiano l’uva”, bassorilievo del II secolo d.C. che sottolinea la fatica nella produzione di vino ancestrale dalla raccolta manuale alla pigiatura a piedi nudi, un modo per ricordare la naturalità e la “semplicità” del prodotto vino che negli ultimi anni si è forse molto distaccato dalla sua dimensione normale e quotidiana per finire in salotti e contesti troppo distanti dal vissuto di molte persone, portando ad un calo e preoccupante calo del suo consumo. Sorseggiando la Vendemmia Tardiva di Perla del Garda e le sue note zuccherine, candite, pepate e ricche di ginger e zafferano si fa un bel tuffo in un passato dove il vino era principalmente dolce e bevanda comunque legata strettamente alla tavola ma non solo. Oggi le versioni dolci di tante DOC sono relegate al fine pasto ma non sarebbe difficile immaginare un vino come questo abbinato a pesce, formaggi, foie gras e antipasti a base di crudi di mare.

Durante tutto il percorso tra quadri e bicchieri si parla spesso di come il vino si stia perdendo come bevanda legata alla festa e agli incontri e che soprattutto le attuali generazioni  di consumatori (non solo gli under 30) stiano preferendo al vino altre bevande, dalle no alcol ai low alcol e tanti distillati, rischiando una sostituzione importante nel vissuto quotidiano del vino stesso. Il retaggio artistico e culturale veneziano italiano ed europeo ci suggerirebbe il contrario, ma anche che abbiamo spinto il vino verso orizzonti forse troppo lontani dalla quotidianità dove un linguaggio e una proposta più semplice e immediata del vino sarebbero preferibili al tentativo di alzarlo sempre di più al rango di bene voluttuario e di lusso. Wine in Venice nasce sì come “red carpet” del vino italiano ma insegna anche che se non si riparte dal consumo semplice e quotidiano, dove il Lugana DOC è uno dei protagonisti più adatti, sarà difficile per il vino passare questo momento di stanca dei consumi.

Qui il podcast della degustazione https://open.spotify.com/episode/7G3pQVzGNKWE6fBWFqRmmW?si=mEbdegKgQ1SZL_aHShqI9w

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