Dario Dainelli, dal calcio al vino

Dario Dainelli, detto il Daino, lasciati per motivi anagrafici i campi di calcio, è un uomo che ama seguire il sentimento e coltivare passioni; e quella attuale lo ha portato nei campi vitati, a fare il vignaiolo di professione.
L’intreccio tra vino e pallone non è certo una novità, gli ultimi decenni sono pieni di esempi, a volte degni di nota, di allenatori e calciatori, in attività o ex, che si sono dati da fare tra grappoli e botti. Ma su Dario il discorso è diverso, si tratta di un aspetto della vita dovuto anche a luogo di nascita, Ghizzano, che dà il nome a una tenuta vinicola famosa ed è oggetto di visita per le sue case colorate in maniera vistosa e particolare. L’infanzia vissuta nel borgo, certi momenti vissuti da piccolo in campagna, sono rimasti per molto tempo sopiti nei ricordi, ma quando è giunta l’occasione, ecco che sono tornati imperiosi alla memoria e hanno permesso di creare un progetto per una vita nuova, da provare a realizzare in maniera concreta.
Quello di Dainelli vignaiolo è un impegno partito in sordina, quando ancora giocava, girando per cantine per puro piacere e per costruire la carta dei vini del suo locale a Peccioli, la Locanda Amicone aperta insieme all’amico Cristiano Savini, un grande commerciante di tartufi; è diventato un lavoro da quando, in procinto di appendere gli scarpini al chi0do, reimpianta le viti in quattro ettari di terra sulle colline tra Fucecchio e Cerreto Guidi, dove anni prima aveva comprato casa in campagna con la moglie.


Avere una vigna e non sfruttarla sembrava davvero un peccato. Le piante crescono, si arriva al 2019 e sotto l’amichevole guida dell’enologo Attilio Pagli si comincia a vendemmiare. Su queste colline in Valdera insieme agli olivi ci sono uve di Sangiovese, ovviamente, e in misura molto minore di Malvasia Nera. Per fare il bianco, le uve di Ansonica provengono dal mezzo ettaro scarso al Giglio.

Hofstatter Barthenau 2017 Pinot Nero Vigna S. Urbano
Il risultato sono cinque etichette, disegnate da Giovanni Maranghi: un rosato frizzante da metodo ancestrale, tre rossi e l’ansonica, per un totale di 10mila bottiglie di produzione, destinate a crescere.
«La cosa divertente da spiegare è che i nomi dei vini e le etichette sono nate prima ancora dei vini stessi. Tutto perché per anni, insieme ad un gruppo di amici che ci chiamavamo “Gli sbronzi di Riace”, organizzavamo visite e degustazione. Nelle serate passate insieme sono nati ricordi che mi hanno fatto dare il nome “La Sbronza”, all’Ansonica del Giglio o “Re3D” al vino che dà l’idea della convivialità e della famiglia, ed infatti rappresenta l’acronimo dei nomi di mia moglie e dei figli».
Dario Dainelli
Gli altri vini prodotti sono un rosato ancestrale, “Daino in Bolla”, e “Rude”, un Sangiovese dai tannini spigolosi.
Le uve, i vigneti, il vino sono già i protagonisti degli eventi organizzati in azienda: pic nic, brunch, cene. E sta prendendo forma l’idea di accogliere e far dormire gli ospiti tra i filari in grandi tini attrezzati allo scopo. Tra le novità da segnalare, l’idea di fare un vino con un vitigno a rischio scomparsa come la Barsaglina, e l’acquisto della nuova cantina, nel centro storico di Cerreto Guidi, sotto l’antica villa medicea.
