Collazzi e i suoi due vini portabandiera
Adagiata sulle colline a pochi chilometri da Firenze, Collazzi appartiene alla famiglia Marchi dal 1933 e si estende su 400 gli ettari di cui oltre 33 coltivati a vigneti e 140 a olivete. Siamo a Impruneta, lungo l’Anello del Rinascimento, e la villa che campeggia magnifica al centro della Tenuta, con il suo suggestivo viale cipressi, a pochi passi dall’omonima villa progettata da Santi di Tito, allievo di Michelangelo Buonarroti. Un luogo straordinario da cui si ha la vista su tutta Firenze, in particolare, sul Duomo.
«A Collazzi si sperimentano cose uniche perché si sa cosa si fa», racconta l’enologo Alberto Torelli, in azienda da quasi 20 anni. Un coraggio nella sperimentazione che ha portato negli anni Novanta a rinnovare i vigneti con varietà quali il Cabernet Sauvignon e il Merlot in primis: a quel tempo la viticoltura dell’area era principalmente orientata alla produzione di Sangiovese; il territorio però era caldo e con una lunga stagione estiva. La scelta in quel momento di puntare prevalentemente sul Cabernet Sauvignon e sul Merlot si fonda sul desiderio di affinare i dettagli di quanto era fatto a Collazzi da secoli.
La prima vendemmia risale al 1999 e il primo vino a uscire è Collazzi, un blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc, che nel tempo verrà completato dall’introduzione del Petit Verdot tanto unico a Collazzi. Collazzi 2020, l’annata attualmente in commercio, è un vino di grande spessore, che affina per 18 mesi in barrique e 6 mesi in bottiglia: al naso è ampio, ricco di sentori di mora e di mirtillo, con note di spezie e cioccolato e accenni di tostatura, mentre al sorso il suo corpo è avvolgente, caldo e lunghissimo, con gli aromi di frutta nera che si intrecciano a sentori balsamici che costruiscono una trama di bella eleganza (prezzo al pubblico circa 50 euro)
Lugana Wine in Venice
A vestire la bottiglia un’etichetta che riproduce la stampa settecentesca di Giuseppe Zocchi dedicata alla splendida Villa Collazzi, e da allora non è mai stata cambiata.
La sperimentazione di Collazzi passa anche per la verifica delle potenzialità dell’area per varietà oramai dimenticate nel territorio. Dopo essere stati tra i primi a impiantare Cabernet e Merlot nel territorio, nel Duemila Collazzi ha aderito allo studio sul Fiano condotto dalla Regione Toscana: oggi Otto Muri, il Fiano Igt Toscana di Collazzi, è l’unico IGT Toscano prodotto al 100% da questa varietà di uva autoctona italiana. Un vitigno che qui ha trovato condizioni ideali, grazie alla scelta impegnativa di effettuare tre vendemmie per lo stesso vigneto. Vitigno poco produttivo per natura, viene gestito con una prima raccolta delle uve destinate a preservare l’acidità, la seconda per esaltare il frutto, mentre l’ultimo passaggio permette di selezionare i grappoli che daranno pienezza al vino. La vendemmia è manuale ed i mosti fermentano sia in tini che in legno a temperature controllate. Tenuto sui lieviti per vari mesi , Otto Muri 2022 profuma di frutta esotica, mela verde e pesca gialla, ma anche con note di alloro, acacia e qualche tocco di nocciola tostata. Al sorso presenta un bel corpo, con una piacevolissima acidità: nella complessità si riconoscono sentori di pesca gialla e mango, in un insieme che si completa con un’elegante e spiccata mineralità.