Sono in molti a sognare di essere Gennaro Iorio. Almeno nel mondo del vino. È lui, infatti, lo chef caviste della cantina centrale di uno degli hotel più sognati del mondo, l’Hotel de Paris del Principato di Monaco, che ha nei suoi sotterranei la cantina alberghiera più grande del mondo: 350mila bottiglie per 5.400 referenze, stoccate in una cantina di 1.500 mq costruita nel 1874 scavando nella roccia a 10 metri sotto terra. E ad avere le chiavi di questo tesoro che vale circa 25 milioni di euro e che conserva bottiglie tra le più desiderate da tutti i wine lover del globo, con una profondità di annate da far venire i brividi, è lui, l’italiano Gennaro Iorio, napoletano, classe 1968, maestro d’arte in pittura e decorazione approdato nel principato di Monaco a 18 anni, primo impiego scaricatore di patate alla stazione dei treni di Montecarlo.

Gennaro, dalla pittura al vino, come è andata?

Prima dei 18 anni non mi sono mai interessato al vino, anche se il mio primo ricordo legato a lui da piccolo, quando noi ragazzini torchiavamo l’uva sotto casa e  bevevamo il mosto. La mia è stata un’adolescenza turbolenta. Poco dopo essermi diplomato all’Istituto d’arte Filippo Palizzi di Napoli, nel gennaio 1986 scappo di casa, dormo qualche notte in stazione Termini a Roma in mezzo ai clochard e poi mi dirigo a Montecarlo, dove conoscevo un’amica che poi sarebbe diventata mia moglie: avevo in tasca appena 20mila lire, 100 franchi francesi. Una settimana dopo inizio a lavorare: scaricavo le patate alla stazione di Montecarlo, lavoravo 15-16 ore al giorno, avevo perso 10 kg in 15 giorni, ma ero pagato profumatamente. Lì incontravo di tutto,  un giorno ho conosciuto persino Christian De Sica. In quel periodo facevo anche il manovale, sono finito a lavorare per 2 settimane nella villa della principessa Antoinette, sorella del principe Ranieri di Monaco: il pomeriggio ci invitava ad accomodarci con lei, in giardino tra decine di cani e gatti, a consumare tè e biscotti… A fianco del deposito di patate c’era un’azienda di tende da sole e, dopo un po’ di tempo, ho iniziato a lavorare per loro. Dopo 10 mesi, però, la mia compagna mi annuncia che stavamo aspettando un bambino e quindi si presenta l’esigenza di guadagnare di più, per questo decido di bussare alla porta del gruppo Monte Carlo SBM. Il 2 maggio 1987 entro come garçon d’office, ovvero lavapiatti, che qui hanno anche la funzione di occuparsi dei rifornimenti di food & beverage.

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Come fa un lavapiatti a diventare il capo della cantina d’albergo più grande e prestigiosa del mondo?

Mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto. Sono entrato nella cantina dell’Hotel de Paris nel giugno 1988, come aiuto cantiniere, un anno dopo vengo promosso a cantiniere, quindi inizio a frequentare i corsi di enologia tenuti qui da noi in cantina da Michel Ballance. Mi appassiono sempre di più e inizio a interessarmi ai concorsi come l’allora Trofeo Ruinart, dedicato ai giovani sommelier under 26. Vinco la preselezione a Monaco, senza aver mai fatto servizio di sala, e in degustazione ero stato il migliore, indovinando alla cieca due vini: il mio punteggio è il migliore in degustazione e vado diretto in semifinale a Marsiglia, con la divisa del Louis XV che mi avevano prestato. L’esame di teoria va nella media, la prova d’inglese male, quella di degustazione meglio degli altri, ma in finale va Henri Chapon. Continuo a viaggiare e studiare enologia, entro nell’associazione sommelier e, in quel momento, nella squadra in cantina eravamo in 7-8:  il capo cantiniere di allora si ammala, c’era già un designato a sostituirlo ma non era molto interessato al vino, preferiva le competizioni automobilistiche. Quindi eccomi, come dicevo, nel posto giusto al momento giusto: nel 1991 ufficiosamente faccio già il responsabile della cantina e nel 1993 vengo nominato ufficialmente chef caviste.

Il vero lusso oggi è la rarità.

Gennaro Iorio

Quest’anno quindi festeggia i trent’anni da chef caviste…

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Eh sì. Trent’anni che gestisco 5400 referenze per 40 punti vendita, 20 ristoranti con 7 stelle Micheiln tra cui annoveriamo due super star chef come Alain Ducasse e Yannick Alléno. Non solo, nel 1999 sono stato membro fondatore e vice presidente responsabile delle relazioni con l’Italia dello Slow Food Francia/Monaco, mentre nel 2002 ho riceguto il Diploma di Maître Sommelier UDSF (Union De la Sommellerie Française). Quindi, cosa vuoi di più dalla vita?

Uno scorcio dell’area della cantina dedicata a Marie Blanc, la fondatrice della cave dell’Hotel de Paris, che conserva una collezione di vini d’epoca monumenti della viticoltura

Ecco cosa vuole di più dalla vita?

Rimettere le mani in pasta. Dal 2006 al 2008 ho curato il vigneto personale dello scrittore Francesco Biamonti, a titolo sperimentale e amatoriale. Quell’esperienza mi ha segnato al punto che – associato al posto dove mi sento meglio, ovvero la Maremma, terra a cui sono intimamente legato perché da piccolo andavo in colonia un mese all’anno a Marina di Grosseto –  sto avviando un nuovo progetto, restando nel mondo del vino perché non so fare altro. Ho voglia di interpretare il mio modo di vedere il vino e di mettermi alla prova per vedere quello cosa ho imparato in questi 35 anni.

Quindi vuole diventare produttore?

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Sì, voglio fare il mio vino. Il progetto è in corso, a patto che trovi chi sposi il mio progetto. Vediamo se le cose inizieranno a concretizzarsi, come da programmi, entro quest’anno. Per me questo non rappresenta un ricominciare da capo, né dimostrare qualcosa a qualcuno, ma mettere insieme la mia esperienza e vedere se si può trasformare in qualcosa che possa essere condivisa. So che questo mondo è affollato e sono abbastanza stufo di tutti gli esperti che leggo. 

Dopo una vita in Francia, perché non mettersi alla prova nella sua nazione d’adozione?

Adoro la Borgogna e la Champagne, ma più di due giorni non riesco a starci.

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Il vino francese è davvero migliore di quello italiano? Cosa manca al vino italiano per raggiungere il prestigio dei cugini d’oltralpe?

Sì, il vino francese è migliore di quello italiano e di tanti altri per la storia, per il tempo che hanno saputo capitalizzare. i francesi ben prima degli altri hanno valorizzato il loro terroir, hanno valorizzato alcune tecniche di produzione, hanno fatto loro alcuni vitigni. Al vino italiano cosa manca? Anzitutto dedicare più tempo a valorizzare il loro potenziale e fare più squadra.

Tornando agli esperti che citava prima, adesso non sei trendy se non hai una carta dei vini naturali… Cosa ne pensa?

Noi al Monte Carlo SBM non abbiamo mai sposato questa filosofia estremista. Avendo una clientela internazionale abbiamo sempre lasciato libera scelta ai clienti. Credo che ognuno di noi desideri che tutto sia più pulito, ma la qualità è fondamentale. Sono molti i produttori, e anche molto blasonati, che hanno sempre lavorato con il biodinamico, ma non lo hanno mai comunicato. Un esempio? Domaine de la Romanée-Conti. Quale è lo scopo oggi, avere una coscienza pulita oppure utilizzarla per vendere? Il vino naturale non esiste, ben vengano i vini più puliti possibile, ma questa è un’altra cosa.

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Cosa vede nel futuro del mondo del vino?

Ved molti Paesi emergenti, soprattutto dell’Est Europa, anche per via del cambiamento climatico. C’è posto per i vini identitari, fatti con qualsiasi vitigno, in qualsiasi regione e Paese. Seguire i trend non può funzionare.

Altre passioni?

Per tutta la vita ho avuto un’unica amante: il vino.

Gennari Iorio