C’è il girl power, certo, che incoraggia e celebra l’emancipazione, l’indipendenza, la fiducia e la forza delle donne. Lo ha inventato nel 1991 la band punk statunitense Bikini Kill, ma a rendere popolare questo “slogan” sono state, qualche anno dopo, le Spice Girls (ce le ricordiamo ancora?). La versione di girl power della pink band britannica si concentrava sull’importanza di un’amicizia forte e leale tra le donne, con un messaggio di empowerment che attraeva ogni età: ragazze, adolescenti e donne adulte.

E certo, il girl power è arrivato fino ai giorni nostri, dopo 30 anni siamo ancora qui, a dire le stesse cose. La solidarietà femminile, però, sembra aumentata, l’emancipazione economica un po’ meno. I dati su stipendi e posti di lavoro parlano chiaro. Ma oltre al girl power, oggi, c’è il sister power: sorelle che, invece che rubarsi vestiti e fidanzati, fanno squadra e portano avanti realtà vincenti. Magari anche prendendo in mano le redini delle aziende di famiglia e portandole a un successo maggiore di quello che hanno saputo fare i loro predecessori.

Quello che vi vogliamo raccontare nella copertina di questa settimana è proprio questo: la forza della “sorellanza” in quattro storie di giovani ragazze, sorelle, che stanno portando al successo le loro imprese lavorando insieme, gomito a gomito, con determinazione, rispetto ed entusiasmo.

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Per questo lo abbiamo chiamato sister power.

LE SORELLE DEL RISO

C’era una volta cinque sorelle di Villafranca di Verona, ognuna con il un suo percorso di studi e di vita – c’è chi vive a Milano, chi a Londra e chi a Parigi –, mentre il papà conduce un’azienda agricola a Roncoferrato in provincia di Mantova dove si coltivava riso. Inizia così la storia delle sorelle Tovo, giovani, belle, e piene di entusiasmo.

«Un giorno noi sorelle ci siamo ritrovate attorno a un tavolo e abbiamo iniziato a pensare a cosa avremmo potuto fare per lavorare insieme, ci siamo anche dette che amavamo molto quell’azienda e che forse la risposta era proprio lì. Però volevamo provare a fare le cose a modo nostro, partendo dall’amore e dal grande patrimonio di conoscenze che nostro padre continuava a trasmetterci», raccontano.

Così, l’avventura delle sorelle Tovo inizia nel 2017: «Volevamo fare un riso unico e inconfondibile. E, come ci ha sempre insegnato papà, un prodotto speciale nasce solo quando il suolo, l’acqua, l’ecosistema danno il meglio. Siamo partite dalla mappatura dei terreni per capire quel suolo così argilloso a che piante fosse più adatto e per questo abbiamo puntato sul Carnaroli, poi abbiamo intrapreso un percorso quasi maniacale di monitoraggio e di miglioramento, continuando a leggere, a studiare, a confrontarci con esperti e ricercatori». Così è nata Mera5, meravegia in italiano arcaico, il soprannome con cui le cinque ragazze del riso si chiamano tra di loro.

L’azienda delle sorelle Tovo è controllata a vista e si continuano a introdurre nuove soluzioni per rendere più efficiente e sostenibile la produzione e soprattutto per continuare a migliorare la qualità e le rese del loro Carnaroli. I satelliti danno indicazioni sul benessere delle piante, le centraline di xFarm e i sensori controllano la temperatura dell’acqua e i valori del suolo e segnali di allarme permettono di intervenire in modo tempestivo, se e come necessario. L’agricoltura di precisione qui è applicata a qualsiasi livello, a partire dallo spargimento del concime e dalla semina che vengono fatte a reteo variabile con trattori d’ultima generazione. Il quaderno di campagna sviluppato da xFarm consente di tenere traccia di ogni intervento, dal punto di vista economico finanziario, di valutare i ritorni e l’intero flusso delle operazioni.

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Quella di Mera5 è una realtà in continuo divenire, un’inarrestabile fucina di idee e di iniziative di cinque giovani donne determinate, preparate ed entusiaste.

LE SORELLE DELLE BOLLICINE

Maddalena e Alessandra Stelzer

Neanche trentenni, Alessandra e Maddalena Stelzer da un anno e mezzo hanno preso in mano le redini della cantina di famiglia, Maso Martis, tra le più premiate e blasonate della spumantistica italiana.  «Un passaggio necessario e di grande soddisfazione visto il loro impegno in azienda da ormai diversi anni», spiega la madre, Roberta Giuriali Stelzer, che ha fondato Maso Martis assieme all’allora fidanzato Antonio sul finire degli anni Ottanta, sulla collina Est di Trento, a Martignano. Un’azienda da sempre con una grossa impronta femminile, basti pensare che il vino di punta, quello tra i più premiati e ricercati d’Italia, si chiama Madame Martis.

«Grazie al nostro ingresso in cantina è stato possibile sviluppare al meglio l’accoglienza e tutta la parte di comunicazione web&social. I progetti per i prossimi anni sono diversi: abbiamo acquistato 2 ettari di vigneto a 800 mt di quota; siamo in procinto di ristrutturare il punto vendita e ampliare la sala degustazione, creando una struttura all’altezza della crescita del fenomeno enoturistico», spiega Alessandra, che da poco ha assunto l’incarico di vice delegata della sezione Trentino Alto Adige dell’Associazione Donne del Vino.

Tra i progetti c’è anche quello di sviluppare la parte agrituristica e orticola, di cui la sorella Maddalena è appassionata oltre che qualificata: l’idea è quella di avviare una produzione di vasellame firmato Maso Martis, oltre che un piccolo servizio ristorativo, sfruttando l’orto diffuso tra i vigneti della tenuta.  La fortuna della famiglia Stelzer di abitare nel luogo di produzione li ha spinti a proteggere il loro territorio abbracciando presto le buone pratiche della coltura biologica: «Viviamo nella casa situata nel cuore dei nostri vigneti e per noi quindi, il passaggio alla viticoltura biologica è stato la naturale conseguenza del nostro modo di vivere che mira alla qualità della vita – spiegano Alessandra e Maddalena, raccontando la scelta intrapresa fin dagli esordi dai genitori -. La nostra azienda ha la certificazione ICEA e cerca di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità».

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Ma non finisce qui. Nell’ottobre 2022 le due sorelle delle bollicine hanno messo lo zampino anche alle Olimpiadi, decidendo, assieme ai genitori, di sostenere i due giovanissimi atleti trentini di short track in gara per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026, Pietro e Arianna Sighel. «Perché la produzione del metodo classico – spiegano – ha tantissime analogie con lo short track, a partire dalla passione e dai lunghi allenamenti che occorrono per primeggiare in questo sport, come nella produzione di bollicine».

LE SORELLE DELLE MALGHE

Annalisa e Jessica Celant con il padre

Dalla malga Costa Cervera si vede il mare. Nel periodo estivo ad animarla sono due instancabili sorelle, Annalisa e Jessica Celant, che governano una quarantina di brune alpine, ricreando un’alchimia fatta di razza, pascolo e sapienza casearia che genera quel formadi o çuç di mont della tradizione friulana troppo spesso ignorato.

Si può andare “dalle Celant” anche nei mesi invernali, recandosi nel caseificio di Polcenigo, ma la tradizione che hanno scritta nel Dna queste due ragazze è quella che si ripete da secoli in malga.

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Annalisa e Jessica, infatti, sono l’ultima generazione della famiglia di malgari del Friuli di cui si abbia attestazione più antica: possiamo andare indietro fino al padre del bisnonno nel 1800, e lui stesso era considerato il più anziano patriarca dei malgari della regione.

Micel Celant è ricordato ancora in paese come il patriarca delle malghe. Era il bisnonno di Annalisa e di Jessica, alle quali ha lasciato i segreti del mestiere. Le due sorelle, poco più che trentenni, si dividono tra la stalla, il caseificio e il punto vendita dei prodotti ottenuti dalla trasformazione del latte in formaggio, ricotta fresca e affumicata, caciotta morbida, yogurt. Poi, d’estate, c’è la malga da gestire.

Le due ragazze hanno rivoluzionato i metodi di vendita, rendendoli più accattivanti e aggressivi: assieme passaparola e web. Intanto, ha preso forma il marchio di produzione “Dalle Celant”. Sono loro due che ci mettono la faccia sui mercati. «Abbiamo la nostra clientela: assorbe tutto ciò che produciamo. I nostri like – affermano – non sono soltanto virtuali, ma diventano persone in carne e ossa, che si informano sulla qualità, perché non è sempre il prezzo che fa la differenza: si scambiano due parole, si assaggia, si conosce».

Annalisa e Jessica sono il simbolo di una nuova generazione che sta iniziando a ripopolare le oltre sessanta malghe della montagna friulana: molti sono eredi di una tradizione antica, ma tante sono le nuove leve, che hanno studiato negli istituti agrari e in estate praticano sui pascoli.

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LE SORELLE DEL BARBARESCO

Valentina, Paola e Federica Grasso

Valentina, Paola e Federica Grasso sono le tre sorelle alla guida di Ca’ del Baio, tre donne giovani e decise al vertice di una delle aziende più vocate delle Langhe. Il loro è uno sguardo orientato al futuro, al far sì che di generazione in generazione l’azienda diventi sempre più attenta al benessere dell’ecosistema in cui sorge.  Figlie di Giulio e Luciana, ancora attivi al loro fianco, le tre sorelle del Barbaresco seguono in prima persona ogni aspetto della tenuta: dalla cura dei 28 ettari di proprietà vitata, divisi tra Barbaresco e Treiso, alla vinificazione, senza trascurare commercializzazione, comunicazione e accoglienza.

«Guidiamo un team affiatato che condivide la nostra filosofia orientata alla sostenibilità – spiegano Paola, Valentina e Federica Grasso -. Non possiamo pensare di produrre vini di alta qualità, da singole vigne, senza pensare a come salvaguardare quello che è il nostro patrimonio più importante: la natura. Per questo la nostra azienda sposa “The Green Experience” che nasce sulle colline patrimonio dell’Unesco per conservare le risorse naturali del suolo e la biodiversità, per valorizzare le caratteristiche distintive dei metodi di produzione piemontesi, e per prendersi cura del paesaggio di Langhe, Roero e Monferrato».

Da quattro generazioni Ca’ del Baio è un affare di famiglia, come è tradizione nelle Langhe. Di padre in figlio i Grasso hanno custodito i loro vigneti, quasi un corpo unico che circonda la cascina, integrati nel tempo con matrimoni e acquisizioni.

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Il vino che meglio rappresenta il loro sister power? Il Barbaresco Autinbej 2019frutto dell’unione di alcuni cru aziendali, o meglio delle “autin bej”, le vigne più belle e soleggiate, situate in tre diverse esposizioni e altitudini. Autinbej è la sintesi delle migliori caratteristiche del grande Nebbiolo da Barbaresco – spiegano Valentina, Paola e Federica Grasso -. Un vino di straordinaria eleganza ed equilibrio, che gioca con note delicate di petali di rosa, confettura di fragola, liquirizia. Un vino di carattere ed eleganza».