Esistono pochissimi territori vitivinicoli al mondo con caratteristiche simili a quelle della Valtellina, regione nota forse più nota ai più per la bresaola che per il suo favoloso Nebbiolo.

Qualche numero: sul versante delle Alpi Retiche, con i terrazzamenti dei vigneti che partono da 300 metri sul livello del mare fino a 800, il sole batte 1900 ore all’anno. La pendenza arriva fino all’85%. Le vigne sono sostenute da 2.500 metri di muretti a secco. La dimensione media delle aziende produttrici di uve è di meno di mezzo ettaro. La produzione di vino non supera i 3,5 milioni di bottiglie. Pertanto qui parlare di parcellizzazione e cru sembra uno scherzo, perché qui tutto è parcellizzato. E ancora più uno scherzo qui è parlare di viticoltura eroica. Perché qui la cura delle viti è puro eroismo. “Lavorare stanca”, scriveva Cesare Pavese. Prova a chiederlo a un qualsiasi vigneron o vendemmiatore qui in Valtellina. Qui lavorare la vigna è una fatica pazzesca.

Ma se e quanto ne vale la pena! Tra i terrazzamenti cresce un Nebbiolo, che devi mettercela tutta per rovinarlo. Siamo in una delle aree vinicole meno estese d’Italia, ma con una concentrazione di vini di qualità tra le più alte. Con una DOC, il Rosso Valtellina  due DOCG, il Valtellina Superiore e lo Sforzato di Valtellina, cui si aggiungono le DoCG con indicazione di sottozona (Grumello, Maroggia, Inferno, Valgella e Sassella). Il Nebbiolo delle Alpi è pertanto anche il Rosso delle Alpi, le altre regioni del Nord Italia sono infatti più vocate per i bianchi (Valle d’Aosta compresa).

E il vino qui può essere (al netto delle stazioni sciistiche) un’ottima attrazione turistica. Lo spunto per conoscere un territorio ricco di sorprese sotto più di un aspetto, a cominciare da quello paesaggistico e gastronomico. In estate su queste montagne troviamo persino i fichi d’India, tanto per dare un’idea della fenomenale biodiversità e del clima unico del luogo, favoriti da un lato dalle Alpi e dall’altro dalla vicinanza del Lago di Como.

Ma attacchiamo qualche assaggio di Valtellina Superiore. Magari un po’ meno impegnativo dello Sfursat, ma efficace biglietto da visita della Regione. Alcune cantine sono assai note a chi ama il Nebbiolo delle Alpi, ma è importante sottolineare insieme con la longevità di questi vini la loro freschezza. Non va dimenticato  infatti che sono rossi di montagna.

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  • Valtellina Superiore DOCG 2014 di Marcel Zanolari. Biodinamico. Ha finezza e struttura. E ancora una freschezza notevole, forse grazie all’annata. 13,5 gradi.
  • Valtellina Superiore DOCG Grumello Riserva Vigna Dossi Salati 2018 di Dirupi. Pulito, lungo con una bella nota sapida. 14,5 gradi.
  • Valtellina Superiore DOCG Valgella Cà Morei 2019 di Sandro Fay (un’icona del Nebbiolo Valtellinese). Bella, bellissima beva. 13,5 gradi.
  • Valtellina Superiore DOCG Maroggia 2019 di Agrilu. Frutto fresco rosso e spezie. Nebbiolo con una piccola percentuale di Rossola e Brugnolo. Da viti di circa 50 anni. 13 gradi.
  • Valtellina Superiore DOCG Sassella Stella Retica 2019 di Ar.Pe.Pe. Notevolissimo. E fa una lunghissima macerazione, oltre 100 giorni. E un lungo affinamento tra legno e cemento. 13,5 gradi.
  • Valtellina Superiore DOCG Grumello Riserva 2019 di Luca Faccinelli. Questo vino che matura in tonneaux per di rovere francese per 24 mesi e un anno in bottiglia è emozionante oggi, chissà domani. 13,5 gradi.
  • Valtellina Superiore DOCG Inferno 2020 di Marco Ferrari. Strano, quasi stranissimo. Fa solo 12,5 gradi. È biologico. È un rosso da aperitivo di montagna.