Dal 1994 a oggi ne sono state prodotte solo 13 annate, perché il Gelsaia per Giorgio Cecchetto era un affare serio. Lo sarebbe tuttora, se non fosse scomparso qualche mese fa troppo prematuramente. La fortuna vuole che a raccogliere la sua eredità ci siano moglie e figli che, per amor suo e del Raboso, portano avanti la cantina con grande dedizione e un entusiasmo che continua immutato in nome di Giorgio.

Gelsaia, dicevamo, ovvero, a mio avviso, un’eccellente interpretazione del Raboso del Piave, uno dei vitigni e dei vini meno conosciuti d’italia, immeritatamente. La grande classe del Gelsaia è stata confermata dalla verticale a cui ho avuto la fortuna di prendere parte qualche settimana fa, degustando le annate 2002, 2009, 2011, 2017 e, la nuova appena rilasciata, 2020.

Un’evoluzione nell’affinamento della produzione del Gelsaia, che dal 1997 ha introdotto e mantenuto (riducendolo via via dal 30 al 15%) il parziale appassimento delle uve, che lo ha portato a raggiungere l’annata perfetta con la 2017, nonostante la straodinaria gelata e l’elevata gradazione zuccherina che ha portato il vino a non poter essere classificato come Piave Malanotte Docg. Ma poco importa, perché le note di amarena e la setosità di questa edizione resteranno nella storia del Gelsaia.

Il Gelsaia, proprio per la sua vinificazione così particolare e per l’impiego di un vitigno autoctono che rischiava di essere dimenticato dal mondo enologico, è stato il precursore della Piave Malanotte DOCG: la denominazione, riconosciuta nel 2010, nel suo disciplinare dichiara l’uso di sole uve Raboso e indica una proporzione di uve appassite che varia dal 15 al 30%. 

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«Dal 2013 Gelsaia viene prodotto da una vigna di oltre sessant’anni, allevata a sylvoz e situata a Mareno di Piave – spiega Marco Cecchetto –. Con l’introduzione del metodo di potatura Simonit&Sirch nel 2012 abbiamo iniziato un importante lavoro di recupero del nostro vigneto storico, salvandolo dall’estirpo. In questo modo siamo riusciti a riportare le viti a una produzione equilibrata e, grazie alla corretta distribuzione dei grappoli, abbiamo ottenuto la maturazione ottimale del Raboso. Nello specifico, la vendemmia 2020 è stata caratterizzata da un andamento climatico positivo che ha prodotto uve sanedi qualità, raccolte a mano tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre».

Ma veniamo al Gelsaia 2020. Al naso, le sensazioni di ciliegie in confettura e prugna introducono note di sottobosco, cioccolato fondente e rabarbaro, mentre al palato è fresco, con una lunga persistenza fruttata. Dimenticatelo per un po’ in cantina: tra qualche anno sarà strepitoso.