Cosa beve la Gen Z? Non certo il vino. Nell’ultimo Forum Wine Monitor Nomisma – Soluzioni per il Business sono stati presentati dei dati (vedi slide qui sotto) di una survey sul consumatore italiano che mostra la differenza di vedute tra i giovani e il totale della popolazione rispetto ai vini che nei prossimi anni avrebbero avuto più successo sul mercato.


Le differenze sono significative e innescano la voglia di capire se queste discrasie derivino da un approccio al consumo che sta effettivamente cambiando oppure se tutto questo rappresenti un punto di vista proprio della fascia di età degli under 25. La domanda non è banale se si considerano i dati che sono emersi. Ad esempio, il territorio – che rappresenta il valore distintivo e il principale vantaggio competitivo di tutto il nostro food&beverage – non è ai primi posti nella percezione dei giovanissimi. Fino a ieri, invece, ci era stato detto che le peculiarità regionali e i vitigni autoctoni erano al centro dei loro pensieri.

trend del futuro del vino

La Gen Z consuma vino saltuariamente e in occasioni conviviali, non è certo una novità, così come il fatto che in queste occasioni si privilegi il consumo di cocktail piuttosto che di vino perché fa più “figo”.

Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma

Ma è davvero così strano? Lo abbiamo chiesto a Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma: «Direi anzitutto che l’approccio al consumo di vino degli under 25 di oggi ricalca per molti versi quello dei giovani degli anni passati. Se oggi la Gen Z consuma vino saltuariamente e in occasioni conviviali, non è certo una novità, così come il fatto che in queste occasioni si privilegi il consumo di cocktail piuttosto che di vino perché fa più “figo”. Ricordo a tale proposito che trent’anni fa, dalle mie parti, c’era anche chi, per distinguersi, stappava Champagne ma veniva subito bollato come “pataca”, aggettivo romagnolo omologo dello “sborone” bolognese ma con in più un 10% di “pirla”. All’epoca il Prosecco non era ancora così di tendenza… Nella medesima fattispecie rientra anche la questione della “limited edition” riportata nella slide, legata sempre a un fattore “modaiolo”». La comunicazione del vino, quindi, deve sicuramente cambiare e avere un taglio più young, ma non così tanto come abbiamo creduto negli ultimi tempi, ascoltando i tanti che dicevano che i giovanissimi, ossia gli under 25, dovevano essere al centro dei pensieri dei produttori di vino.

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Quindi al vino a che età ci si arriva in maniera “seria”?

«Oggi come un tempo, dopo i 25 anni. Inutile pensare che un giovane dei nostri giorni sia diverso da quelli di una volta e abbia le basi per un consumo consapevole del vino, è una cosa a cui si arriva con la maturità cognitiva. Da giovanissimi importa in primis la moda, poi crescendo cambiano sia la modalità di consumo e, con esse, arriva anche il vino. Era così 30 anni fa ed è così oggi. Anche certi altri valori, come l’origine e il territorio, diventano importanti come fattore di scelta quando si diventa grandi. Quello che è diverso, invece, rispetto al passato, è la sensibilità dei giovani verso i cambiamenti climatici, un’attenzione che trasmettono nella scelta d’acquisto. Lo stesso vale per l’aspetto salutistico, che per il vino si declinano in low/no alcol o comunque in vini a bassa gradazione, di qui la tendenza a vini freschi e beverini. Due fattori che certamente accompagneranno nella loro crescita (non solo anagrafica i consumatori di vino oggi più giovani ) e che anni fa invece non erano “in competizione”, se così si può dire, con il territorio nella scelta di acquisto».

Sempre collegato a questo c’è un altro dato interessante che è emerso dal vostro ultimo Forum Wine Monitor Nomisma – Soluzioni per il Business, ce lo spiega?

«Si tratta del tasso di penetrazione delle diverse fasce per le varie tipologie di vino. È emerso che il vino rosso ha una maggiore diffusione di consumo man mano che avanza l’età, il vino bianco è invece trasversale e interessa a tutte le fasce d’età, mentre le bollicine sono molto più diffuse nelle giovani generazioni rispetto a quelle di età più avanzata».

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Quindi i giovani secondo lei continueranno a berle anche andando in là con gli anni?

«Crediamo di sì, per questo motivo io se oggi fossi un produttore di vino deciderei di investire sullo spumante più che sul vino rosso».

Le bollicine sono molto più diffuse nelle giovani generazioni rispetto a quelle di età più avanzata.

Denis Pantini

Anche gli ultimi dati che avete analizzato danno ragione a tutto questo. Si parla, infatti, di giacenze di vini rossi Dop a oggi superiori al 2022.  E questo nonostante una vendemmia 2023 davvero scarsa.

«Le stime sulla vendemmia 2023 sono state riviste al ribasso. Dal -12% ipotizzato a settembre, recentemente è stata comunicata una revisione delle previsioni che porterebbe il calo tra il -20% e il -24% a livello di media nazionale, ma con punte comprese tra il -30% per Toscana e Puglia, fino a -60% per l’Abruzzo. Andando a confrontare le giacenze di vino in cantina al 31 ottobre 2023 con lo stesso periodo dell’anno precedente, si evince come risulti un calo di quasi il 6%, a fronte invece di un +5% che si era verificato prima che il vino “nuovo” entrasse in cantina (luglio 2023). L’altra cosa che però emerge da questo confronto è ancora un surplus di vino rosso Dop che a fine ottobre evidenzia un +4% rispetto al 2022, con eccedenze che toccano tutte le principali regioni produttrici di questa tipologia e che tra l’altro sono proprio quelle più penalizzate dalla recente vendemmia. Per la Puglia il surplus è di oltre il 26% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso!».

È un requiem per il vino rosso?

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«Che le vendite di vino rosso non stiano andando bene è ormai cosa nota e dai tratti comuni a tutti i produttori del mondo: nei primi 9 mesi di quest’anno, le quantità esportate di vini rossi imbottigliati sono risultate in calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del 21% per l’Australia, del 15% per la Francia, dell’11% per la Spagna e di oltre l’8% per l’Italia. Poi, va detto ovviamente che c’è rosso e rosso: il calo non è trasversale e non tocca tutte le fasce di prezzo allo stesso modo. Tuttavia, per certi vini e territori italiani, forse vale la pena iniziare a interrogarsi se non sia il caso di intraprendere determinati percorsi di riorganizzazione produttiva e di valorizzazione commerciale, anche in prospettiva delle vendemmie future che saranno in linea ai volumi degli anni scorsi».